• Vai alla navigazione primaria
  • Vai al contenuto
  • Passa alla barra laterale

MAMME HELP

Aiutiamo le mamme con consigli e guide

  • HOME
  • Neonato
    • 0 – 3 mesi
    • 3 – 6 mesi
    • 6 – 9 mesi
    • 9 – 12 mesi
  • Bambino
    • 12 – 24 mesi
    • 24 – 36 mesi
  • Guide e consigli
  • Accessori
  • Video
Tu sei qui: Home / Archivi per Neonato

Neonato

Come sterilizzare il biberon e i ciucci

giugno 18, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come sterilizzare biberon e i ciucci

Inutile ripeterlo di nuovo. L’igiene per una mamma rimane il fattore fondamentale per la crescita il corretto sviluppo del bambino. Per questo è frequente sentire di mamme super attente alla pulizia di tutto quanto ruoti intorno alla routine quotidiana del bambino. E gli oggetti che entrano maggiormente in contatto con tuo figlio nei primi mesi di vita sono biberon e ciucci. Da sempre alleati per sedare crisi di fame o sonno, questi due strumenti se non curati, possono essere anche diventare veicoli di germi e batteri. Dal sollievo al danno è un attimo. Per questo motivo oggi cercheremo di mostrarti come sterilizzare biberon e ciucci di tuo figlio. La regola aurea vorrebbe che sterilizzare biberon e ciucci fosse un’azione quotidiana successiva a ogni loro utilizzo. In realtà non è tassativo anche se sarebbe opportuna una sterilizzazione periodica.

Sterilizzare il ciuccio, tutti i passaggi

Si diceva in apertura dell’importanza dell’igiene degli oggetti che vengono in contatto con il tuo bambino. La prima immagine che dunque viene in mente è quella del ciuccio. Fedele compagno del piccolo e grande alleato per te, è anche vero che il succhiotto -o ciuccio – è l’oggetto che maggiormente è a rischio cadute o sporcizia. Proprio per questo è indispensabile essere attenti che venga sempre sterilizzato prima di essere messo in bocca! Prima di suggerirti i vari metodi per sterilizzare il ciuccio una cosa fondamentale. Ricorda sempre di controllare il materiale di cui è fatto il succhiotto di tuo figlio per evitare di danneggiarlo durante la sterilizzazione.

Il primo consiglio su come sterilizzare il ciuccio è quello di metterlo dentro un pentolino di acqua bollente. Porta ad ebollizione l’acqua e lascia immerso il ciuccio (ma anche il biberon se vuoi) per almeno cinque minuti. Qualora invece tu fossi una mamma più “tecnologica” puoi servirti della sterilizzazione a freddo. Questo metodo prevede l’utilizzo di un contenitore specifico con una soluzione chimica in grado di distruggere germi e batteri. In questo caso ti consigliamo di sciacquare bene il ciuccio dopo la sterilizzazione per lavare via le tracce chimiche della soluzione. Se ti chiedi come sterilizzare biberon e ciucci nel microonde abbiamo la risposta che per te. Sebbene sia sconsigliato utilizzare il microonde per il biberon, puoi invece sterilizzare il succhiotto in pochi minuti.

Come sterilizzare il biberon senza sterilizzatore

Dopo aver visto come sterilizzare il ciuccio di tuo figlio passiamo ai biberon. Sebbene ormai siano frequenti in commercio dispositivi appositi, oggi vedremo di illustrarti come sterilizzare biberon senza sterilizzatore. Si tratta di metodi alternativi al vapore della macchina apposita che tuttavia garantiscono la stessa efficacia in termini di igiene. Come si diceva non è importante che la sterilizzazione avvenga tassativamente dopo ogni utilizzo. Tuttavia è bene che venga eseguita periodicamente, magari ogni due o tre giorni, specialmente dopo un periodo di malattia del bambino. Vediamo insieme come sterilizzare il biberon senza sterilizzatore!

Sterilizzare il biberon con acqua calda

  1. Versa in una pentola capiente dell’acqua e inserisci all’interno la bottiglia del biberon e la tettarella;
  2. Porta ad ebollizione l’acqua;
  3. Nel momento in cui si è raggiunto il punto di ebollizione, tieni il biberon ancora immerso per 15 minuti;
  4. Per estrarre bottiglia e tettarella utilizza delle pinze sterilizzate da cucina: evita di usare le mani, non sono disinfettate!
  5. Asciuga tutto con n asciugamano pulito.

Sterilizzare il biberon con una soluzione specifica

  1. Diluisci in acqua una soluzione sterilizzatrice: si tratta di un insieme di sostanze chimiche sicure per uccidere gli agenti patogeni. Puoi acquistarle in farmacia o in negozi per bambini;
  2. Immergi nella soluzione la bottiglia del biberon e la tettarella, sommergendoli completamente. Molti kit sterilizzatori sono dotati di un dispositivo che aiuta a mantenere gli oggetti sotto il livello dell’acqua;
  3. Lascia agire la soluzione specifica per circa 30 minuti. Puoi eventualmente tenere il biberon nel liquido anche se non intendi utilizzarlo: l’importante è che ogni volta prepari una soluzione nuova per ogni biberon.

Ciucci, quali scegliere

Si diceva di come il ciuccio può essere un valido alleato per le mamme. Esso infatti, andando a soddisfare il naturale istinto di suzione del neonato, può calmarlo in poco tempo. Ma è anche un ottimo sostituto del più immediato dito in bocca dei bambini.  Per riuscire ad accontentare tutti i gusti in fatto di ciuccio, in commercio ne sono presenti numerose varianti. A seconda di quel forma o materiale tuo figlio preferisca puoi muoverti tra ciucci in silicone o caucciù, con la tettarella a goccia, a ciliegia o anatomica. L’importante è che tu segua comunque il naturale sviluppo della bocca scegliendo un ciuccio indicato sulla base della sua età.

Archiviato in: Accessori, Bambino, Guide e consigli, Neonato

Come abbandonare un bambino che non vuoi tenere

maggio 23, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come abbandonare un bambino che non vuoi tenere

Quello della maternità e dell’essere un genitore è un impegno serio e che richiede una grande forza nell’affrontare le piccole sfide quotidiane a cui un bambino ti sottopone. Proprio per questo motivo non tutti si sentono chiamati a raccogliere la sfida di diventare genitori. Il non voler avere figli non deve essere visto come una macchia nera, una vergogna, qualcosa di innaturale: molto spesso dietro questa decisione, anche sofferta, ci sono delle reali prese di posizioni che mettono al primo posto il benessere di un ipotetico bambino che si potrebbe avere. Sottolineando quindi questo delicato aspetto, ci teniamo a fornirti tutte le informazioni necessarie su come abbandonare un figlio che non vuoi tenere. Il tutto rispettando non solo la legalità italiana ma anche e soprattutto la sicurezza del piccolo.

Sono rimaste impresse nella memoria di molte di noi le cosiddette Ruote degli Esposti, un sistema tradizionale che permetteva di lasciare i neonati all’interno di conventi o monasteri usufruendo di una culla che ruotava e trasportava il piccolo all’interno della struttura dove veniva accolto. Il tutto garantendo l’anonimato della madre. Abolite nel secolo scorso, le ruote sono però state sostituite da altri mezzi, completamente legali che entrano in gioco quando una mamma abbandona i figli. Loro diretta discendente è la Culla per la Vita, una struttura concepita per accogliere i neonati che non si vogliono tenere e dotata di una serie di dispositivi – riscaldamento, chiusura in sicurezza della botola, presidio di controllo h 24 e rete con il servizio di soccorso medico-  che permettono la salvaguardia del bambino.

Parto anonimo, come funziona

Come si diceva agli occhi di molti il non voler avere figli o il decidere di abbandonarne uno è visto molto spesso come una macchia sulla reputazione. Proprio per evitare che senso di colpa e volontà di non sentirsi additata negativamente possano spingere una mamma ad adottare delle soluzioni estreme nell’abbandonare un bambino, in Italia si è cercato di garantirne l’anonimato. Seguendo quanto accade in altri paesi europei, da noi è possibile in ospedale optare per una procedura di parto anonimo che viene vincolata dalla legge Art. 30 comma 2 D.P.R 396/00, che garantisce assistenza alla partoriente e la tutela del bambino fino alla definitiva adozione da parte di una nuova famiglia.

Qualora una partoriente decida di rimanere nell’anonimato, il suo nome verrà taciuto nella certificazione di nascita che viene invece eseguita dal medico o dall’ostetrica, come pure di un altra persona che abbia assistito al parto. Stabilità poi la volontà della madre di non tenere il bambino, ne riceverà subito segnalazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni che proclamerà l’adottabilità del piccolo. Il procedimento di adottabilità segue le norme dell’art.11, comma 2, della legge 184/1983 e succ. mod.  che si preoccupa anche di trovare una coppia adottante idonea a prende il bambino.

Ma in caso di abbandono neonato in ospedale, quali sono i diritti del padre? In linea di massima, nel momento in cui una madre opta per un parto anonimo, viene compromessa la facoltà del padre di riconoscere il bambino come suo figlio biologico. Non è possibile nemmeno appellarsi alla formula del riconoscimento in ventre dal momento che si scontra con la volontà di partorire in anonimato.

Abbandonare un figlio, cosa succede se ci sono ripensamenti

Abbiamo sottolineato più volte che abbandonare un figlio che non vuoi sia una decisione sofferta. Molte madri infatti non si sentono pronte e sono spaventate dalla prospettiva di prendersi cura di un altro essere umano per tutta la vita. Se poi la situazione famigliare e personale è complicata, il tutto spinge al parto anonimo. Questo per permettere comunque al piccolo di avere una vita migliore di quella che avrebbe davanti se rimanesse con i genitori naturali. Nonostante possa sembrare al momento la soluzione migliore, non è escluso che molte madri arrivino a pentirsi della decisione presa e abbiano un ripensamento sul parto in anonimato. Ma cosa succede in questi casi?

Si diceva che il parto anonimo asseconda le volontà di una madre che non vuole essere nominata sul certificato di nascita. Ma è ovvio che sono ammessi ripensamenti. La legge infatti stabilisce che se la partoriente cambia idea prima che l’ospedale abbia dato a denuncia di nascita, allora la sa precedente richiesta di anonimato sarà restituita in busta chiusa. Se invece il ripensamento avviene dopo la denuncia, allora la madre dovrà rivolgersi al Tribunale dei minori e al Comune di residenza per ottenere il riconoscimento.

Come adottare un bambino in Italia

Fino ad adesso si è parlato di come abbandonare un figlio che non vuoi. Prima di concludere però ci sembra doveroso gettare uno sguardo anche dall’altra parte e concentrarci su come adottare un bambino. In Italia i requisiti di base per essere proclamati idonei all’adozione sono vincolati all’art. 6 della legge 184/83 e valgono sia su territorio nazionale che straniero. Vediamo i principali:

  1. L’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni;
  2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare;
  3. L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando.

Per muoversi lungo il delicato ma speciale percorso dell’adozione , il primo passo è quello di rilasciare a dichiarazione di disponibilità all’adozione presso il Tribunale dei minorenni di residenza. Sarà quest’ultimo poi a dare avvio alle indagini dei servizi territoriali che dovranno accertarsi e valutare le competenze genitoriali della coppia adottante. La relazione dei vari Enti chiamati in causa verrà consegnata poi al Tribunale e un giudice dovrà infine esporsi sul caso e rilasciare la propria sentenza. Leggi il nostro articolo per scoprire tutti i passaggi delle adozioni nazionali e internazionali!

Archiviato in: Bambino, Guide e consigli, Neonato

Come pulire gli occhi ai bambini

gennaio 25, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come pulire gli occhi ai bambini

Una corretta igiene del bambino è la base di una crescita salutare. Come abbiamo più volte ribadito, conoscere le sue parti delicate aiuta a tutelarlo al meglio. Tra i dilemmi di ogni mamma c’è come pulire gli occhi ai bambini senza provocare irritazioni. L’occhio è infatti la zona a più alto rischio di infezioni e irritazioni. Molto spesso la causa è l’esposizione a una corrente d’aria, ma la causa è da ritrovare anche in agenti esterni che irritano o arrossano la pupilla. Di base per una corretta pulizia occhi neonato è necessaria una garzina pulita imbevuta in acqua fisiologica. Una volta che sarà più grande potrai anche usare le tradizionali salviette umidi specifiche per la pulizia delle palpebre e delle ciglia.

Il primo passo per capire come pulire gli occhi ai bambini è imparare a non irritare l’occhio. La garza va infatti passata delicatamente sulla palpebra del bambino, muovendosi dall’angolo interno all’angolo esterno dell’occhio per rimuovere i residui della secrezione lacrimale.

Prodotti per pulire gli occhi ai bambini, quali usare

Si diceva che la soluzione su come pulire gli occhi ai bambini è quella di usare una garza con soluzione fisiologica. L’importante è essere attenti a muoversi delicatamente all’esterno dell’occhio e eliminare la secrezione lacrimale. Di norma la pulizia degli occhi nei bambini va ripetuta non più di una volta al giorno. Ci possono essere però delle eccezioni. Se noti la presenza di secrezioni gialle sugli occhi o delle macchie gialle sull’iride, allora è meglio contattare subito un pediatra. Potrebbe essere il caso di un segnale di un’infiammazione in corso o di una congiuntivite. Vediamo però i singoli casi.

Cosa fare con occhi arrossati o appiccicosi

Nei casi più frequenti sono quelli in cui gli occhi sono arrossati o appiccicosi. Come pulire gli occhi dei bambini per alleviare il rossore? Se gli occhi sono arrossati andrà bene agire con alcune gocce di soluzione fisiologica. Stai attenta a farle cadere sull’angolo interno dell’occhio e non direttamente sulla parte infiammata. Al posto dell’acqua fisiologica, ottima per la pulizia occhi neonato è la camomilla, purché lasciata raffreddare e tamponata con una garza. Stai attenta anche a cambiare garzina per ogni occhio. Altrimenti rischi di passare l’infezione. Un altro fenomeno è quello degli occhi appiccicosi o incrostati. La causa potrebbe essere la chiusura del dotto lacrimale. Per sbloccarlo è necessario un delicato massaggio rotatorio sul naso e sull’angolo interno dell’occhio. In seguito puoi procedere con la normale pulizia occhi del bambino.

Secrezioni gialle occhi neonato, cosa sono

Dopo averti mostrato come pulire gli occhi ai bambini, scendiamo nel dettaglio. Tra le principali infezioni e infiammazioni che possono presentarsi agli occhi dei bambini c’è il caso di stenosi del dotto lacrimale. Si tratta di una chiusura – totale o parziale – del condotto naso lacrimale. A causa di questa stenosi le lacrime del bambino sono bloccate nel sacco lacrimale. Qui ristagnando possono provocare infezioni che si manifestano con secrezioni gialle purulente. La classica secrezione gialla occhi bambini frutto di stenosi è comune in molti neonati già dal secondo mese di vita. Nella maggior parte dei casi la stenosi del dotto lacrimale è facilmente risolvibile. La chiave è stimolare l’apertura spontanea del dotto con massaggi mirati sugli occhi dei bambini. Più volte al giorno passa con il dito sull’occhio compiendo un movimento circolare verso l’alto tra l’angolo dell’occhio e la radice del naso. In casi estremi, in cui il bambino ha superato l’anno di vita e la secrezione gialla continua a infettare l’occhio, è necessario intervenire chirurgicamente.

Cause congiuntivite bambini, quali sono

Parlando di come pulire gli occhi dei bambini non possiamo non affrontare un problema comune a molti di loro. Si tratta della congiuntivite, una delle infiammazioni oculari più diffuse anche tra i più grandi. La congiuntivite colpisce la congiuntiva, la membrana che riveste la palpebra, e la cornea, la parte bianca dell’occhio, creando l’effetto “occhi rossi”.  Molto spesso questa irritazione accompagna anche altre malattie come il raffreddore o una delle malattie esantematiche – varicella, scarlattina, morbillo. I medici distinguono principalmente tre cause congiuntivite bambini, sulla base della natura dell’infiammazione.

  1. Congiuntivite virale. Si tratta di un’infiammazione causata a sintomi da raffreddore o mal di gola.
  2. Congiuntivite allergica. In questo caso sono colpiti entrambi gli occhi a causa di una reazione allergica a agenti esterni, come la polvere.
  3. Congiuntivite batterica. L’infiammazione è scatenata da un’infezione da stafilococco o streptococco.

Congiuntivite bambini, quanto dura e come si cura

Abbiamo esaminato quindi quali possono essere le cause scatenanti del classico effetto occhi rossi nei bambini. Vediamo ora nel dettaglio come pulire occhi con congiuntivite

  • Congiuntivite neonatale. Ci sono casi in cui la congiuntivite si manifesta da subito nel neonato. Si verifica quando viene contratta un’infiammazione nel passaggio nel canale del parto. Si interviene lavando 3-4 volte al giorno l’occhio con acqua fisiologica.
  • Congiuntivite batterica. Per bloccare il batterio che causa l’infiammazione il medico somministrerà una pomata antibiotica. I miglioramenti sono visibili già dopo tre giorni di terapia.
  • Congiuntivite allergica. Dal momento che in questo caso si tratta di un’allergia particolare del piccolo, è meglio rivolgersi al pediatra. Sarà lui a prescrivere un collirio antistaminico o un medicinale a base di cortisone.
  • Congiuntivite virale. In questo caso è meglio aspettare che il virus faccia il suo naturale decorso. È consigliato comunque stare attenti a non aggravare la situazione non toccando gli occhi con mani o fazzoletti sporchi.

Archiviato in: Guide e consigli, Neonato

Come fare se un neonato non cresce di peso

gennaio 10, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come fare se un neonato non cresce di peso

Da mamma quello che più ti preoccupa è che tuo figlio, soprattutto nei primi mesi di vita, segua uno sviluppo sano ed equilibrato. Usciti dall’ospedale infatti hai paura di non saper provvedere alla sua crescita senza l’assistenza e il supporto delle infermiere: vorresti avere un modo per sapere se la poppata o il biberon con la formula riesce a saziarlo. Purtroppo però, specialmente con i bambini piccoli, non esiste un modo per avere la certezza che l’apporto nutritivo contribuisca direttamente al suo sviluppo fisico. Per quanto infatti ci si possa generalmente basare sulle tabelle di crescita percentili consultate dai pediatri, è inutile ricordare come ogni bambino rappresenta un caso particolare e non mappabile matematicamente. Però qualora notassimo un piccolo ritardo nello sviluppo fisico, cosa e come fare dunque se un neonato non cresce di peso?

Prima di scendere nel dettaglio ci teniamo a sottolineare una cosa importante. Se noti che il tuo neonato prende poco peso o comunque sembra non crescere come ti aspetteresti in base alla sua età, non per forza questo implica una malnutrizione da parte tua. Di solito infatti problemi di nutrizione sono accompagnati da altri sintomi, come malessere, spossatezza, crampi addominali o scariche improvvise di diarrea. Non concentrarti solo sul peso dunque prima di preoccuparti per la sua crescita fisica, ma cerca di valutare l’insieme delle condizioni di salute del piccolo. In ogni caso in questo articolo cercheremo di capire cosa succede se un neonato non aumenta di peso, cause e metodi di intervento.

Neonato che aumento poco di peso, cause

Vediamo di capire dunque quale sia l’andamento di crescita e sviluppo fisico di tuo figlio. in questo modo ti sarà più facile capire come gestire eventuali situazioni non conformi alla norma. Questo ovviamente dopo averti ricordato di nuovo che prima di cedere a falsi allarmismi devi sempre consultare l’opinione del tuo pediatra di fiducia, il solo che possa eventualmente suggerirti cosa fare se un neonato non prende peso. In linea di massima un bambino alla nascita pesa tra i 2,5 kg e i 4,5 kg: quello che forse non sai è che appena dopo il parto l’andamento della sua crescita fisica è discendente. Nei primi giorni di vita infatti il bambino potrebbe prendere dal 5 al 10% del suo peso alla nascita dovuti alla perdita di liquidi e allo stress post parto.

Questa perdita di peso fisiologica appena dopo la nascita varia poi anche in base al fatto che tu allatti al seno o utilizzi latte artificiale. Si stima infatti che i bambini che si nutrono di latte artificiale arrivino massimo a perdere il 5% del proprio peso alla nascita, rispetto del calo tra il 7 e il 10% registrato in quelli che allattano al seno. Nonostante questa lieve differenza però non si tratta di stabilire se il neonato non cresce con latte artificiale o se con il latte materno non cresce di peso. La perdita di peso dei primi giorni è infatti completamente normale: quanto perso infatti verrà poi recuperato nei successivi 14 giorni di vita, non appena il neonato si sarà abituato al nuovo stile di vita.

Cosa fare se un neonato non prende peso

Si diceva quindi che l’iniziale perdita di peso nel neonato è un fenomeno assolutamente fisiologico. Tutto verrà infatti ripreso nelle successive due settimane di vita, a prescindere che il bambino si nutra tramite allattamento al seno o formula. A quest bisogna poi aggiungere che i neonati non seguono una legge fissa per la crescita, ma che ognuno è influenzato dalla propria storia genetica. Quello che conta non è infatti che il bambino prenda peso e “cresca” fisicamente parlando, ma che il suo sviluppo avvenga in maniera armonica. In altre parole vuol dire che non devi concentrarti solo sul peso ma di come questo aumenti o diminuisca in rapporto all’aumento di statura. Non importa che la velocità a cui il bambino cresce, ma che lo faccia regolarmente armonicamente, sia per statura che per peso.

Proprio per questa incidenza di fattori particolari sulla crescita di tuo figlio, non ci sono eccessivi motivi di allarmismo o occasioni di intervento della mamma se un neonato prende poco peso. Si tratta sempre di continuare a rispettare i suoi ritmi nelle poppate e di essere attenta ad eventuali altri cambiamenti che potrebbero interessarlo. Prima infatti che il bambino abbia raggiunto un anno di vita e completato lo svezzamento non ci sono modi specifici per intervenire nella sua dieta giornaliera. Al limite è sempre opportuno lasciarti consigliare dal tuo pediatra per eventualmente valutare si inserire un’integrazione nelle poppate quotidiane.

Come pesare un neonato

Prima di lasciarci, completiamo la nostra guida sul controllo del peso di un neonato illustrando come tenere sotto controllo lo sviluppo fisico di tuo figlio. Come ben saprai specialmente nei primi mesi di vita è opportuno tenere sotto controllo l’andamento di sviluppo fisico del bambino, sia a livello di peso che di statura. Questo però senza farne una malattia! Puoi sempre prendere a modello le tabelle percentili ma ricorda che esse sono puramente indicative e non valgono come scienza esatta.

La crescita generale di un neonato è tra i 150 e i 200 grammi a settimana, arrivando ad un anno a pesare il triplo di quanto facesse alla nascita. Per tenere sotto controllo l’aumento di peso di tuo figlio ti consigliamo di eseguire almeno una pesata settimanale di cui terrai nota per effettuare confronti da poter sottoporre al pediatra durante le visite. Puoi scegliere di pesare il bambino a casa, comprando una specifica bilancia per neonati, o affidarti alle bilance messe a disposizione delle mamme nelle farmacie e nei consultori pubblici.

Archiviato in: Guide e consigli, Neonato

Come fare se il neonato non fa la cacca

novembre 19, 2018 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come fare il neonato non fa la cacca

Ogni genitore, soprattutto alla prima esperienza, è sempre attento che tutto nel proprio figlio “funzioni” correttamente. Questo perché i neonati hanno dei bisogni e delle necessità sicuramente più delicate rispetto le nostre. Bisogni che però non riescono ad esprimere direttamente e che quindi siamo noi a dover cogliere per evitare di creare situazioni di disagio per il piccolo. Non sono pochi per esempio casi di mamme che si chiedono come fare se il neonato non fa la cacca. La cacca infatti rappresenta generalmente il più standard tra i bisogni di un bambino piccolo che arriva ad evacuare dalle cinque alle sei volte al giorno. Quindi è normale che una mamma si preoccupi davanti la stitichezza di un bambino.

Bambino stitico, i rimedi

Ci teniamo a sottolineare che però non sempre quella che una mamma riconosce stitichezza lo è davvero. Se il tuo bambino non sembra andare di corpo con la stessa regolarità dei suoi coetanei, non per forza vuol dire che ha un blocco intestinale. In linea generale infatti un bambino può essere definito stitico solo se le evacuazioni si ripetono nel giro di 48 ore e le feci si presentano particolarmente dure. I pediatri sottolineano poi che è molto improbabile che un neonato prima dei 12 mesi possa essere stitico. Il più delle volte si tratta infatti di casi di dischezia: una non coordinazione tra la spinta (che deriva da una contrazione addominale) e il rilasciamento dello sfintere anale esterno. Detto in parole povere un neonato che soffre di dischezia, pur sforzandosi, non riesce a fare la cacca perché non rilascia gli sfinteri.

All’origine della dischezia c’è l’immaturità funzionale dell’organismo dovuta al fatto che si tratta di un bambino ai primi mesi di vita. Il piccolo infatti non riesce ancora a controllare bene tutte le sue funzioni. Data questa naturalità della condizione di dischezia, non c’è motivo di allarmarsi troppo se un neonato non fa la cacca: in generale infatti la questione nel giro di pochi mesi dovrebbe risolversi da sola mano a mano che i bambino inizia a sviluppare controllo sulle funzioni biologiche. Tuttavia esistono dei rimedi per alleviare il disagio provocato dal tappo intestinale. Per ovviare alla dischezia puoi infatti stimolare direttamente il neonato, magari con la punta di un termometro o un sondino. In questo modo dovresti riuscire a rilasciare lo sfintere e permettere al bambino di evacuare regolarmente. Altri pediatri consigliano poi di eseguire un leggero massaggio per stimolare la cacca neonato a livello addominale. In ultima istanza per agevolare il rilascio dello sfintere muovendo le gambe del bambino con il cosiddetto “movimento della bicicletta”.

Come stimolare la cacca a un neonato

Quindi si diceva che la vera e propria stitichezza è qualcosa che non interessa direttamente il neonato. Nella maggior parte dei casi infatti il ritardo dell’evacuazione e il pianto dovuto alle contrazioni addominali sono infatti causati dalla dischezia. Sebbene questo fastidio dovrebbe essere risolto mano a mano che il piccolo riesce a gestire il proprio organismo in modo autonomo, ci sono delle piccole cose da sapere su come stimolare la cacca a un neonato.

  1. Variare la dieta di tuo figlio. Sempre stando attenta a chiedere conferma al medico pediatra, variare la dieta del bambino potrebbe essere un modo per aiutarlo a fare la cacca. Parlando di un neonato che probabilmente allatta ancora al seno, deve essere la mamma a cambiare alcune cose nella sua alimentazione. Per esempio favorire l’assunzione di fibre e bere maggiori quantità di acqua. Se invece usi il latte artificiale, cerca di optare per una formula che contenga un grande numero di probiotici o che abbia particolari formulazioni di grassi.
  2. Somministrazione di lattosio. Un metodo artificiale per stimolare la cacca a un neonato è quello di servirsi del lattosio. Puoi comprare infatti anche in farmacia delle bustine o la soluzione in sciroppo da dare al bambino. Nota negativa del ricorso al lattosio è però che le feci si ammorbidiscono e che possono essere frequenti delle coliche gassose.
  3. Stimolazione del retto. È il più noto dei rimedi naturali per sapere come fare se un neonato non fa la cacca. Come si diceva anche prima, puoi utilizzare il dito o la punta del termometro. Altri ancora suggeriscono di prendere un gambo di prezzemolo. In qualunque caso però non rendere la stimolazione una prassi quotidiana: servirebbe solamente a ridurre la capacità di rilascio autonomo dello sfintere! Cerca quindi di stimolare il retto solo nei casi in cui il bambino non riesca ad evacuare per un periodo di tempo abbastanza prolungato.

Ti può interessare anche: 

Come preparare le pappe e come conservarle

 

Archiviato in: Bambino, Guide e consigli, Neonato

Come preparare il bambino all’asilo nido

novembre 13, 2018 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come preparare il bambino all’asilo nido

Arriva il momento, prima o poi, di lasciare che tuo figlio passi dal nido famigliare a quello offerto dagli asili. È bene infatti che lui inizi a muoversi in un mondo che non è solo quello confinato nelle – sicure – mura domestiche. Si tratta di metterlo in relazione con figure di adulti diverse dai genitori e con bambini, più grandi e non, con cui confrontarsi quotidianamente. Il mondo dell’asilo nido può essere un territorio di scoperta per i più piccoli nonché un valido alleato per le mamme lavoratrici o sommerse da impegni che cercano un aiuto per gestire i bambini. Ma non si tratta solo di una novità per tuo figlio. Per la prima volta sarai anche tu che da genitore affiderai il piccolo in mani estranee cedendo una parte della tua responsabilità a terzi.

Per questo scambio, così importante e fondamentale soprattutto se il bimbo è ancora molto piccolo, è indispensabile scegliere un ambiente che ispiri fiducia e sicurezza tanto al genitore quanto al bambino. Dal momento che riconosciamo come cruciale la scelta di inserimento al nido, abbiamo provato a capire come preparare il bambino all’asilo nido senza traumi. Sebbene tuo figlio sia il diretto interessato però, ricorda che l’entrata al nido riguarda l’intera famiglia. Sul piano pratico quest’ultima infatti dovrà stabilire una nuova routine in base agli orari scolastici. Su quello morale invece il nucleo famigliare dovrà inglobare altre figure, le educatrici e le maestre, come riferimenti per i più piccoli.

Inserimento al nido, alcuni consigli

Come si diceva l’iscrizione all’asilo nido è una scelta della singola famiglia. A differenza della scuola materna infatti l’asilo nido non rientra tra le scuole dell’obbligo. Si tratta in realtà di un supporto che viene dato soprattutto alle mamme che non hanno modo di occuparsi dei bambini ancora piccoli terminato il congedo di maternità. Di norma l’asilo nido accoglie i bambini a partire dal terzo mese di vita fino al terzo anno di età, quando invece diventa obbligatoria l’iscrizione alla scuola materna. Posto che dunque una mamma può scegliere o meno di affidarsi al nido, vediamo come procedere per preparare l’inserimento al nido e come funziona per il bambino – ma anche per la mamma!

Devi sempre tenere a mente che, come ogni novità, anche l’asilo nido deve essere introdotto gradualmente. Per questo motivo ci teniamo a sottolineare l’importanza della fase dell’inserimento per fare in modo che il bambino abbia il tempo di utilizzare la fase di transizione casa-asilo per adattarsi a quando rimarrà solo con le maestre. Dal momento che si tratta di un periodo in cui i bisogni del bambino vanno a fondersi con quelli “burocratici” della scuola, non possiamo dare una tempistica netta del giusto periodo di inserimento. Molto infatti dipenderà dall’indole e dal carattere del bambino, come pure dalla professionalità delle educatrici e dal rapporto che si creerà tra la scuola e la famiglia. Un rapporto, è importante dirlo di nuovo, fatto di fiducia e sicurezza che fa diventare parte della famiglia anche le maestre.

Il consiglio di base che sentiamo di lasciarti è questo: portare un po’ di nido a casa e un po’ di casa al nido. Prova infatti a prendere un po’ delle abitudini che le maestre insegnano all’asilo e riproporle a casa. Magari gli orari di gioco e pranzo, il rimettere a posto in un certo modo, cantare filastrocche e canzoncine imparate all’asilo. Sono tutti metodi che permetteranno al nido di diventare più “quotidiano” e a te di non essere esclusa dalla nuova routine. Inoltre, sebbene da mamma hai una posizione di rilievo nella crescita di tuo figlio, non dimenticarti di ascoltare anche i consigli dell’educatrice. Importi come unica custode di tuo figlio con la legge ” so solo io cosa è meglio per lui” è un ostacolo al suo sviluppo e al suo inserimento non solo all’asilo nido, ma nel mondo! Impara ad ascoltare e farti ascoltare creando reciprocità tra la realtà di casa e quella del nido: vedrai che il bambino non si accorgerà della differenza e saprà sfruttare il meglio di entrambe.

Metodi di inserimento al nido

Abbiamo più volte sottolineato come l’inserimento al nido è la chiave di volta per sbloccare un’esperienza della scuola positiva per il bambino. Se il distacco dall’ambiente casalingo avviene in modo brusco infatti l’intera esperienza all’asilo si trasformerebbe in un trauma. Proprio per questo diverse strutture, sia pubbliche che private, hanno elaborato un vero e proprio programma di inserimento al nido che può durare fino a due settimane. Si tratta in soldoni di entrare gradualmente nel mondo dell’asilo nido insieme al bambino, partecipando per alcune ore alle attività prima di lasciarlo alle cure delle sole maestre. In generale però ci sentiamo di dirti di evitare che l’inserimento proceda troppo per le lunghe. Stare troppo tempo nella fase intermedia “asilo con mamma” potrebbe rendere più difficile al bambino far comprendere che il nido è un ambiente che deve vivere da solo.

In linea di massima ecco come procedere per creare una fase di inserimento al nido che, rispettando i tempi del bambino, non risulti né pesante né di ostacolo al lavoro delle educatrici!

  1. Non eccedere con le novità. L’asilo nido è una grandissima novità nella routine di un bambino, più complessa rispetto a quelle che avvengono tra le mura di casa, per questo fai in modo che esso rappresenti l’unico fattore sconosciuto nella normale equazione di vita di tuo figlio. Introdurre insieme l’asilo e l’uso del vasino come pure l’abbandono del ciuccio potrebbe essere troppo per lui da affrontare in una volta sola.
  2. Portalo a conoscere il nido. Come tutte le novità che si rispettino, anche l’asilo ha bisogno di un’approccio iniziale di conoscenza. Prima che inizi a frequentarlo con quotidianità, porta tuo figlio a scoprire i luoghi nei quali giocherà e passerà parte delle sue giornate. Sarebbe utile anche fargli conoscere le maestre e le educatrici in una sorta di passaggio di testimone della fiducia del piccolo!
  3. Lascia che porti con sé un “accompagnatore”. Non stiamo suggerendo ovviamente che la mamma o il papà accompagnino il figlio all’asilo! Si parla invece di un giocattolo, un peluche o di un altro oggetto che faccia sentire al sicuro e meno solo il bambino nell’affrontare il nuovo ambiente.
  4. Chiedi sempre come è andata la giornata. Non solo al bambino per farti vedere interessata al suo nuovo mondo, ma anche alle maestre per sapere come sta andando la nuova routine. In questo modo riuscirai a non far percepire come due realtà separate la casa e il nido e a essere sempre aggiornata sui suoi progressi come pure sulle difficoltà.
  5. Non farti impietosire dai pianti. È del tutto normale che avere un figlio che all’inserimento al nido piange e non vuole lasciarti andare. Si tratta comunque di abbandonare per un po’ l’unica sua figura di riferimento, ovvero la mamma e il papà. Cerca ovviamente di consolarlo e di aiutarlo a capire che non si tratta di un abbandono definitivo, ma non lasciare che le sue lacrime ti lascino ingabbiata! Ricorda infatti che dopo qualche minuto di pianto anche isterico, basta un giocattolo o un nuovo stimolo per fargli dimenticare il genitore “latitante”!

Come iscrivere un bambino all’asilo nido

Dopo aver visto come procedere per un inserimento corretto all’asilo nido, veniamo alla parte “burocratica”. In linea di massima non c’è un’età consigliata per asilo nido: si tratta, ancora e sempre, di verificare che il bambino sia pronto al distacco, sempre che il nido non sia necessario data la fine del periodo di maternità. Per quanto riguarda l’iscrizione, sebbene l’asilo può essere frequentato a tre mesi compiuti, le pratiche possono essere avviate anche prima per evitare di ritrovare l’asilo al completo.

Se vuoi sapere come funziona la procedura di iscrizione tanto nelle strutture pubbliche quanto in quelle private, consulta il nostro articolo Iscrivere il bambino all’asilo nido! Nel frattempo ti riepiloghiamo tutta la modulistica da presentare in sede di iscrizione:

  1. codice fiscale dei genitori
  2. carta di identità dei genitori
  3. dati anagrafici del bambino
  4. documentazione ASL dei vaccini
  5. eventuale documentazione ASL di disabilità.

Archiviato in: Bambino, Guide e consigli, Neonato

Come introdurre il cibo a pezzetti per i bambini

novembre 5, 2018 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come introdurre il cibo a pezzetti per i bambini

Bambini e alimentazione sono un’accoppiata che per molte mamme implica una sana dose di pazienza. All’inizio tutto sembra facile. Quando il latte materno ha l’esclusiva nella lista degli alimenti non ci sono particolari drammi. Mano a mano che però si avvicina il giro di boa dello svezzamento iniziano a sorgere i primi dubbi. Come insegnare a mangiare cibo a pezzetti? Come abituare il bambino a mangiare i cibi solidi? Prima di andare nel panico e di proseguire ad oltranza con il latte materno andando ben oltre la soglia dei sei mesi – due anni, cerchiamo di capire come gestire il rapporto cibo a pezzetti-neonato.

Stando a quanto suggerito dall’Organizzazione mondiale della sanità, dal sesto mese in poi il latte materno non basta più per soddisfare il fabbisogno nutritivo del neonato. Da questa fase in poi è quindi opportuno aggiungere gradualmente alimenti solidi per sopperire alle mancanze nutritive. Nell’abbandonare progressivamente l’allattamento, devi quindi sapere come abituare al cibo a pezzetti il bambino, tenendo conto dello sviluppo delle sue capacità di masticazione e deglutizione.

Come passare dalle pappe ai cibi solidi

Dunque come si diceva lo svezzamento è una tappa molto importante dell’età infantile. L’abbandono del solo latte materno implica infatti il primo ingresso nel mondo – e alla tavola – dei grandi. Ovviamente si tratta sempre di un passaggio da far avvenire in modo graduale, rispettando le tempistiche di tuo figlio. Si tratta in sostanza, nel passaggio dalle pappe ai cibi solidi, di aspettare che il bambino perda il riflesso di estrusione. Si tratta di un riflesso naturale e spontaneo che porta il neonato fino al quarto mese a respingere con la lingua qualsiasi cosa abbia in bocca.

Dopo i quattro mesi, generalmente, il riflesso di estrusione scompare e il bambino inizierà spontaneamente a stare seduto e assumere la posizione più idonea a una corretta masticazione e deglutizione. Solo in questo modo riuscirà a passare a un’alimentazione solida e a mangiare anche cibo a pezzetti. Per aiutarlo a lasciare perdere le pappette liquide e capire come abituare il bambino a mangiare cibi solidi, puoi seguire questi pratici e brevi suggerimenti:

  • inizia a utilizzare un piccolo cucchiaino in plastica che non sia troppo “ingombrante” in bocca;
  • mentre lo imbocchi, non fare tutto tu: avvicina solo la parte più esterna del cucchiaino alla bocca e lascia che il bambino “raccolga” il resto del cibo da solo;
  • progressivamente smetti di frullare il suo pasto, fino a quando ti limiterai solo a spezzettarlo con le posate.

Quando dare il cibo a pezzetti, capire se il bambino è pronto

Abbiamo più volte sottolineato come il cibo a pezzetti diventi una base fondamentale nello sviluppo già a partire dai sei mesi di vita. A partire da questo momento infatti i pediatri sono concordi nell’affermare che il latte materno non basti più per soddisfare il fabbisogno nutritivo, calorico ed energetico del piccolo. Per questo capire come insegnare a mangiare a pezzetti può essere fondamentale per supportare il corretto sviluppo di tuo figlio. Nonostante questa centralità dello svezzamento, si diceva come il rapporto cibo pezzetti-neonato debba seguire le giuste tempistiche. Molte mamme arrivano a preoccuparsi lamentandosi del fatto che “mio figlio non mangia a pezzetti” temendo possibili ritardi nella crescita.

Come capire, con il cibo a pezzetti, quando è arrivato il momento dell’alimentazione solida? In linea di massima puoi capire se il bambino è pronto a passare dalle pappe ai cibi solidi se:

  • riesce a stare seduto per diverso tempo e mantenere la testa dritta: posizione fondamentale per la deglutizione corretta;
  • riproduce correttamente i movimenti masticatori: il primo passo su come iniziare a mangiare a pezzetti è che tuo figlio riesca a spostare il cibo in fondo alla bocca e ingoiarlo;
  • inizia a guardare insistentemente il tuo piatto e mostra curiosità verso ciò che mangi;
  • ha raggiunto il peso forma necessario: in linea generale un bambino è pronto al cibo solido quando il suo peso è raddoppiato rispetto alla nascita.

Abituare un bambino a mangiare i cibi solidi, metodi da seguire

Lo svezzamento è quindi un processo graduale che non presuppone un abbandono improvviso del latte materno. Il segreto del passaggio al cibo solito è infatti capire come abituare al cibo a pezzetti e insegnare a masticare bambini che fino a poco tempo prima erano soliti “bere” il loro pasto. Nell’insegnare un’alimentazione fatta anche di cibo a pezzetti è fondamentale che tuo figlio capisca in che modo si mangia da grandi, senza creare confusione o lasciarsi andare ai capricci da pappa. Ecco come abituare il bambino a mangiare cibi solidi:

  1. usa un seggiolone: il primo passo per approcciare con il cibo solido, “da grandi”, è che tuo figlio smetta di mangiare in braccio alla sua mamma;
  2. stendi un telo protettivo intorno al tavolo o al seggiolone: valuta che nei primi tempi imboccarlo potrà causare qualche incidente di percorso. Previeni ogni disastro con un telo da stendere per terra che raccolga eventuali bocconi mancati!
  3. gioca con le scodelle: rendi il pasto più colorato e divertente utilizzando dei piattini colorati, magari diversi per ogni portata.
  4. usa posate per bambini: evita di servirti di cucchiai di grandi dimensioni o di materiali che potrebbero far male se “imboccate” male. Valuta cucchiaini in plastica o con custodie protettive.
  5. metti sempre il bavaglino: riagganciandoci agli incidenti di percorso, proteggi il piccolo con un bavaglino magari di quelli in plastica e con un pratico raccoglitore per alimenti.
  6. alterna sapientemente i bocconi con sorsi d’acqua: ricorda di far bere tuo figlio di regola ogni 5-6 bocconi.
  7. lascia che il bambino ti aiuti: dopo i primi bocconi gestiti da te, fa in modo che tuo figlio capisca che non è necessario che qualcuno lo imbocchi a forza ma che può anche mangiare da solo, se riesce ovviamente!

Ti può interessare anche:

Cosa mettere sul seno per smettere di allattare

 

Archiviato in: Bambino, Guide e consigli, Neonato

Cosa mettere sul seno per smettere di allattare

ottobre 26, 2018 By Federica Pogliani Lascia un commento

Cosa mettere sul seno per smettere di allattare

L’allattamento per le mamme è un tema che va valutato considerando due pesi e due misure. Per molte rappresenta infatti la perfetta rappresentazione di simbiosi con il proprio figlio. Per altre invece assume sfumature traumatiche, quasi dolorose o traumatiche.  Non si tratta solo del momento della suzione in sé però, quanto anche la capacità di capire quando arriva il momento di smettere di allattare. Molte mamme pensano di fare un torto al bambino “strappandogli” via il seno. Il più delle volte quello che sembra un gesto forzato è invece la chiave per avviare un corretto svezzamento e evitare di rendere doloroso l’allattamento eccessivamente prolungato.

Con questo articolo cercheremo di guidarti nel capire come smettere di allattare senza traumi. Il primo passo è quello di muoversi a piccoli passi rispettando sia i tempi di adattamento del piccolo che i tuoi bisogni fisici. Mettere sul seno rimedi della nonna per allontanare il bambino forzatamente può essere più d’intralcio che di aiuto!

Smettere di allattare, metodi da evitare

Abbiamo detto che a volte fermare l’allattamento non è facile. Soprattutto quando è il bambino a non voler dire addio al seno materno. Per non parlare delle mamme che continuano ad allattare perché la produzione di latte è ancora tanta e non sanno come comportarsi. Appare palese come non ci sia una regola aurea per dire basta all’allattamento né una risposta certa cosa mettere sul seno per smettere di allattare. Tentando però di venirti incontro siamo riuscite a capire due cose fondamentali. La prima è che tutto il processo deve avvenire nella maniera più naturale possibile. E questo chiama in causa anche uno smettere graduale nell’allattare tuo figlio. Inoltre non sempre forzare è un bene, come dimostrano questi metodi da evitare per smettere di allattare. Vediamo quali sono.

  • Cerca di non ricorrere a farmaci. Sebbene ci siano in commercio dei medicinali in grado di ridurre la produzione di latte, è meglio non arrivare a tanto. Ci sono casi in cui il farmaco è indispensabile, ma i più concordano nel rifiutarli sulla base dei molti effetti collaterali. Tra i più frequenti vanno ricordati: giramenti di testa, cefalea, vomito, nausea, affaticamento e vampate di calore.
  • Non tentare con le fasciature. Quello di mettere sul seno per smettere di allattare delle fasce che comprimano il petto è un metodo da nonna. Non solo, è anche molto sconsigliato a livello medico. Stringere il seno avvolgendolo con delle fasce potrebbe infatti aggravare il rischio della mamma di essere vittima di ingorghi e mastiti.
  • Evita l’inganno. Molte voci popolari suggeriscono di mettere sul seno per smettere di allattare sostanze acide o amare. In questo modo il bambino, disgustato dal sapore, rifiuterebbe di continuare l’allattamento. In realtà molti psicologi sconsigliano questi metodi casalinghi che porterebbero un piccolo trauma al bambino. Tuo figlio infatti rischia di ricordare come cattivo uno dei momenti più teneri della sua infanzia!

Come smettere di allattare senza medicinali

Abbiamo cercato nel corso del nostro articolo di guidarti a smettere di allattare evitando di mettere sul seno prodotti che potessero danneggiare te o il bambino. Ci teniamo a sottolineare che non esiste, come sempre nel campo dei bambini, un vedemecum su come smettere di allattare al seno senza traumi. Si tratta sempre di un processo che deve avvenire in maniera naturale, anche rispettando i tempi di tuo figlio. Prima di concludere però vogliamo lasciarti un breve riepilogo di alcuni metodi da seguire per smettere di allattare senza medicinali. Vediamoli insieme!

  1. Utilizzare impacchi freddi per indurre la congestione
  2. Evitare il tiralatte e qualsiasi stimolo di suzione che, come sai, favoriscono la produzione di latte spontanea nella mamma.
  3. Provare con dei massaggi
  4. Valutare la possibilità di fare impacchi di cavolo

Ti può interessare anche: 

Come pesare un neonato

Archiviato in: Guide e consigli, Neonato

Come capire quando stanno spuntando i dentini

ottobre 26, 2018 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come capire se stanno spuntando i denti

Torniamo a parlare delle tappe più importanti dello sviluppo dei nostri figli. Già dai primi mesi di vita la sfida da vincere è quella contro i malesseri della prima dentizione del bambino. Quello della nascita dei primi dentini è infatti un momento molto delicato. Il processo di dentizione inizia già da prima che i dentini comincino a essere evidenti nella bocca del piccolo, con il sorgere dei primi fastidi e dei primi dolori in bocca. Bisogna ricordare che i primi dentini del neonato rientrano nella tradizionale dentizione decidua. Comunemente chiamati denti da latte, questi pionieri della bocca di tuo figlio sono infatti destinati a cadere e a lasciar posto ai cosiddetti denti permanenti.

La dentizione decidua conta un totale di venti denti che spuntano nell’arco dei primi trenta mesi di vita del bambino. Quando iniziano a spuntare i dentini? Di solito l’arrivo dei primi dentini neonato si verifica a 3 mesi: si tratta però, come già detto, della fase di avvio della crescita dei denti sotto la gengiva. Molti genitori infatti potrebbero non vederli spuntare fuori se non verso il quarto o quinto mese di vita. In ogni caso è sempre meglio essere vigili, sebbene può accadere che il bambino non dia segni di disagio nella fase della dentizione.

Quanto tempo impiega un dentino a spuntare

Come si diceva la fase della dentizione risulta essere una di quelle più delicate affrontate da bambino e genitore. Mano a mano che le gengive iniziano a costellarsi di dentini tuo figlio potrebbe dar segni di fastidio e dolore al punto da sfogarsi in crisi di pianto apparentemente senza giustificazione. Per aiutarlo quindi ad affrontare al meglio il processo, è bene che tu arrivi pronti su come capire quando stanno spuntando i dentini e soprattutto sia informate su quanto tempo impiega un dentino a spuntare.

Tutto inizia già a partire dal terzo mese di vita, almeno a livello sub-gengivale. Il primo dentino a sputare sarà quasi senza dubbio uno dei due incisivi centrali inferiori, totalmente fuori entro i sei mesi. Successivamente sarà la volta dei due incisivi centrali superiori, seguiti tra i 12 e i 24 mesi, dagli incisivi laterali, prima superiori e poi inferiori. Entro i 30 mesi dovrebbero poi completare la dentizione i molari, i due canini inferiori e superiori e i secondi molari. In linea di massima quindi la dentizione decidua arriva a compimento nei primi tre anni di vita del bambino, fino a quando a sei anni i denti da latte iniziano a cadere per essere sostituiti da quelli permanenti.

Primi denti bambini, sintomi

Capire se stanno spuntando i denti è fondamentale per aiutare il bambino a gestire i problemi legati alla fase della dentizione. Esistono anche casi in cui però mancano nello spuntare del primo dentino sintomi evidenti da poter controllare. Essendo però questa un’eventualità molto ristretta rispetto alla maggioranza, vediamo quindi di identificare i campanelli d’allarme che interessano i dentini neonato. Quello che ti consigliamo di fare è di tenere sotto controllo costante il cavo orale di tuo figlio. Facendo attenzione ad avere le mani pulite, sollevagli le labbra e esamina attentamente le gengive. Se vuoi puoi anche provare a tastare delicatamente la zona gengivale per cercare la presenza di zone dure che manifestano l’imminente fuoriuscita dei dentini.

Ma, arrivando al lato pratico, quali sono i sintomi dello spuntare dei primi dentini neonato? Ne abbiamo riassunti alcuni dei più comuni:

  • irritabilità: in particolare nota se pianti e crisi nervose si concentrano durante la sera o la notte, che sono i periodi in cui l’eruzione dei denti si fa più attiva;
  • ipersensibilità e gonfiore delle gengive
  • rifiuto del cibo: se già nella fase dei cibi solidi potresti vedere che il piccolo preferisce tornare a bere il latte per avere meno fastidio, oppure, se allatti ancora, potrebbe avere dei disagi nell’atto di suzione a causa dello spuntare dei dentini;
  • fuoriuscita di bavetta dalla bocca
  • mal di stomaco e decimi di febbre

Come alleviare il mal di denti dei bambini, rimedi

Sebbene siamo cercando di aiutarti a capire quando spuntano i denti a un bambino e come gestire le fasi dell’eruzione, la dentizione è un processo naturale che non può e non deve essere bloccato in alcun modo. È ovvio che però da genitore vuoi assistere tuo figlio in un momento tanto delicato della sua crescita. Per questo motivo abbiamo pensato di riassumere alcuni dei rimedi da seguire per alleviare il dolore dell’eruzione dei primi dentini.

  • Massaggiare le gengive. Oltre che alleviare il dolore, massaggiando potrai anche verificare la fase dell’eruzione e verificare che non ci siano problemi evidenti nel cavo orale.
  • Passare sulle gengive un panno freddo. Utilizzare un panno freddo può essere utile e di grande sollievo soprattutto nei casi in cui si verifica un aumento della produzione di saliva. Passare il panno bagnato inoltre può prevenire infezioni e portar via i batteri che si sono accumulati.
  • Utilizzare un giocattolo per la dentizione. Uno dei mezzi più tradizionali per agevolare la dentizione è quello di soddisfare il bisogno di mordere del bambino. Anche solo mimare i gesti della masticazione può alleviare parte del dolore.
  • Alimentarlo con cibi e bevande freschi. Come per il panno, qualsiasi cosa fresca può contribuire a dare sollievo alla bocca del bambino, compreso il cibo: yogurt, frutta frullata e ghiaccioli.
  • Valutare l’uso di antidolorifici. In questo caso, ovviamente devi sempre richiedere il consulto del pediatra. Normalmente il medico suggerisce, per i bambini oltre i sei mesi ibuprofene o paracetamolo.

Ti può interessare anche: 

Come accorgersi che un neonato non vede

 

Archiviato in: Bambino, Guide e consigli, Neonato

Cosa fare quando il latte va di traverso ai neonati

ottobre 22, 2018 By Federica Pogliani Lascia un commento

Cosa fare quando il latte va di traverso ai neonati

Il momento dell’allattamento o comunque del biberon è uno dei più belli per le neo mamme. Rappresenta un modo in cui si riesce a entrare in contatto con il bambino un po’ come avveniva nel tuo grembo. Un momento di tenera quotidianità condivisa. Nonostante questa grande valenza emotiva, non dimentichiamo che la poppata deve essere comunque controllata. Specialmente i primi tempi infatti il bambino deve ancora imparare come gestire la suzione. Proprio per questa sua inesperienza, è normale che il latte va di traverso durante la poppata. Come pure è tipico sentire di latte di traverso con biberon. Non vogliamo creare allarmismi, ne preoccuparti. Nella maggioranza dei casi non si tratta di nulla di grave.

Cosa è il riflesso faringeo

Per cercare di calmare la tua paura di un soffocamento da latte nei neonati, ci sembra opportuno aprire una piccola parentesi sul riflesso faringeo. Si tratta di una capacità che ognuno di noi ha dalla nascita. Il riflesso faringeo potrebbe essere descritto come un meccanismo naturale anti soffocamento. Esso consiste in una contrazione muscolare che si verifica nella protezione della gola dai corpi estranei provocando un loro rigetto mediante conati, tosse o vomito. Nei neonati e nei bambini in età di svezzamento il riflesso faringeo è ancora più sviluppato. Per questo non sempre occorre spaventarsi del latte di traverso durante la poppata.

Latte di traverso durante la poppata, metodi preventivi

Vediamo quindi come muoverci per evitare un soffocamento da latte nei neonati. Sembrerà banale ma il primo passo per fare in modo che a tuo figlio il latte non vada di traverso è prevenire l’incidente. Molto spesso capita infatti che il latte va di traverso perché è il bambino a non essere nella posizione corretta durante la poppata oppure che sia troppo agitato durante l’atto di suzione. Altra causa per biberon e latte di traverso potrebbero essere dei rigurgiti incontrollati mentre il neonato sta mangiando. Se così dovesse essere, la soluzione migliore è di mettere il bambino in posizione da ruttino e dare qualche delicato colpetti sulla schiena. Questa azione dovrebbe da sola riattivare la respirazione. Nella sfortunata ipotesi che non accadesse bisognerà chiamare i soccorsi appena possibile.

latte di traverso

Manovra anti soffocamento, quando e come farla

Continuiamo a stilare il nostro vademecum su come agire quando il latte va di traverso ai neonati. Non sempre le misure preventive delineate sopra infatti riescono a evitare il soffocamento da latte nei neonati. Come pure il semplice riflesso faringeo da solo non completamente evitare il caso di un neonato che si “strozzi” durante la poppata. Proprio per questo vogliamo suggerirti come gestire il soffocamento da latte a livello pratico attuando delle manovre di disostruzione pediatrica.

Ostruzione delle vie aeree

Per quanto riguarda i casi di ostruzione delle vie aree di un neonato, secondo le statistiche i casi di incidenza maggiore si hanno nel periodo compreso tra i 6 mesi e i 2 anni di vita. Le cause più comuni di queste ostruzioni sono appunto il cibo o l’ingerimento di giocattoli. Possono esserci due tipi di ostruzione:

  • ostruzione incompleta: di norma il bambino inizia a piangere e a tossire. In questo caso non è necessario intervenire con una manovra di disostruzione e non bisogna assolutamente mettere le mani in bocca al bambino. Piuttosto è meglio aiutare il bambino a tossire per espellere il corpo estraneo dando dei delicati colpetti sulla schiena;
  • ostruzione completa: in questo caso il bambino non riesce a tossire ne a piangere, ma si nota sul volto una rapida cianosi – ovvero il viso diventa di colore bluastro. Se così fosse bisogna subito chiamare il 118 e nel frattempo iniziare a praticare una manovra di disostruzione . In caso di neonato cosciente la manovra prevede l’alternarsi di cinque pacche dorsali posizionando il bimbo sul tuo avambraccio e cinque compressioni toraciche tenendo il bambino supino. Se invece il neonato è incosciente, dopo aver steso il piccolo su un piano rigido, sollevagli la lingua e svuota il cavo orale se noti la presenza di un corpo esterno. Altrimenti devi accertarti di liberare le vie aeree iperstendendo il capo in modo che la lingua non occluda la trachea.

Ti può interessare anche:

Non si deve morire per una polpetta

Archiviato in: Guide e consigli, Neonato

  • Pagina 1
  • Pagina 2
  • Pagina successiva »

Barra laterale primaria

MAMME HELP

Un portale dove tutte le mamme possono trovare i migliori consigli sull’essere genitore. Guide utili per non lasciarsi prendere dal panico e sapere quello che deve essere fatto in qualsiasi situazione. Mamme Help offre anche una selezione aggiornata dei migliori prodotti per l’infanzia.

ULTIME NOTIZIE

I migliori passeggini trio

I migliori passeggini gemellari

I migliori lettini e culle

Seggiolini Auto Gruppo 2/3

Seggiolini Auto Gruppo 0/0+

Seggiolini Auto Gruppo 1


© Copyright 2017 Mamme.help . All Rights Reserved.  [ Cookie Policy ]  [ Impressum ]