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Guide e consigli

Come mettere il neonato nel marsupio

giugno 19, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come mettere bambino nel marsupio sulla schiena

Il clima estivo e primaverile invoglia le mamme a una passeggiata all’aria aperta con i figli. Anche nel caso dei più piccoli, andare in giro con un marsupio o una fascia per neonato può essere la soluzione ideale. In molti casi il contatto con il genitore aiuta il bambino a sentirsi più tranquillo e tu potrai muoverti con più libertà. Il dubbio però è sapere come si mette il neonato nel marsupio mantenendo una corretta posizione. La paura infatti è quella di forzare troppo il neonato in una posizione scomoda. Molto spesso per questo, alcuni genitori evitano il ricorso a un marsupio per neonato. In realtà però non esiste un vademecum su quando mettere un neonato nel marsupio. Opinione comune è che il periodo più indicato inizi dopo i tre o cinque mesi di vita, così che il piccolo riesca a mantenere una posizione più o meno sostenuta durante la camminata. In alternativa puoi servirti di una fascia porta bebè.

Posizione corretta neonato marsupio

La sicurezza della passeggiata con il neonato nel marsupio sulla schiena o sul petto dipende anche e soprattutto dalla posizione corretta del neonato nel marsupio. Non devi pensare che basti semplicemente inserire il neonato nel marsupio per essere stabili e non correre rischi. Vediamo insieme i pochi passi da seguire per garantire che il neonato nel marsupio sia nella giusta posizione.

  • Schiena sostenuta: ovviamente i più piccoli non sono ancora in gradi di reggersi da soli stabilmente. Fai quindi in modo che la tenuta della schiena sia stabile così da evitare strattoni bruschi;
  • Cinture agganciate: anche se ti sembra di tenere bene il neonato nel marsupio, non dimenticare mai di allacciare le cinture di sicurezza. Solo in questo modo si impedisce al piccolo di scivolare e a te di perdere la presa;
  • Sguardo rivolto verso l’interno: prima che il neonato impari a tenere la testa sollevata è meglio che non guardi verso l’esterno. Il tuo petto infatti è un corretto appoggio per lui in caso di pisolino. Una volta raggiunti i cinque mesi di vita saprai quando è arrivato il momento di girare il bambino nel marsupio “fronte strada”;
  • Posiziona le gambe a “M”: divaricate e con le ginocchia alte così da non danneggiare le anche. In ogni caso mai lasciare le gambe penzoloni!

Come vestire neonato nel marsupio

Scegliere come vestire un neonato nel marsupio può dipendere da tanti fattori. Primo tra tutti il clima esterno. Tuttavia bisogna anche tenere in considerazione che la posizione a contatto con il petto dell’adulto porta la temperatura del corpo ad autoregolarsi. Quindi evitiamo di impacchettare eccessivamente il bambino, anche in inverno. Sulla base della capienza del marsupio e sul suo spessore, è meglio che tu lasci sempre al bambino una minima libertà di movimento. Il suggerimento è di evitare l’effetto fagotto compresso che può dargli fastidio e fargli male. Stai attenta maggiormente alle parti lasciate scoperte. Soprattutto nei mesi più freddi fai in modo che collo, testa e piedi siano sempre riparati. Se vieni colta dalla pioggia tieniti pronta a coprire i bambino con i lembi dell’impermeabile oltre che a ripararti sotto l’ombrello.

Come abituare il neonato nel marsupio

Il contatto corpo a corpo per un bambino è sempre positivo. Mettere quindi un neonato nel marsupio può essere una soluzione non solo pratica ma anche naturale per passare del tempo con il piccolo. Nonostante questo si tratta comunque di mettere il bambino in una posizione “forzata”: come abituare il neonato nel marsupio senza problemi? Il primo passo è quello di scegliere un marsupio dal forte carattere ergonomico. Solo in questo caso verrà infatti rispettata la naturale conformazione fisiologica di testa, schiena e gambe del bambino. Quello che ha detta di molte mamme può essere considerato il miglior marsupio per neonato è quello della Chicco. Tra le ultime offerte di marsupi nella gamma 0+ c’è il Marsupio Chicco Go che permette di tenere due posizioni: la classica con il viso rivolto verso l’interno e quella da marsupio fronte strada dopo i sei mesi di vita.

Si può camminare tanto con neonato nel marsupio?

Abbiamo detto di come camminare con un neonato nel marsupio possa essere una soluzione ottimale per la mamma. Tuttavia bisogna ricordare che nonostante la posizione corretta e l’ergonomicità di alcuni modelli, quella del bambino non è una posizione naturale. È indicato dunque non camminare tanto con un neonato nel marsupio. Mettere e lasciare un neonato nel marsupio per lunghi periodi di tempo porta a un eccessivo inarcamento della schiena e, in alcuni casi, la testa sporge troppo in avanti. Il disagio da marsupio può colpire anche il portatore. Per quanto minimo si tratta comunque di un peso da portare in più rispetto al dovuto. Per questo motivo dopo il sesto mese di vita diventa sempre più sporadico l’uso del marsupio per i bambini.

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Ogni quanto allattare un neonato

giugno 19, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Ogni quanto allattare un neonato: consigli e orari

Se sei una mamma, tutto il tuo mondo inevitabilmente si sintonizzerà sulla base di quelle che sono le esigenze e i bisogni di tuo figlio. Ma come fare a capire, per esempio, quando deve mangiare un neonato? Dubbi frequenti su ogni quanto si può allattare, stabilire i turni delle poppate neonato e capire quanto deve mangiare un neonato di pochi mesi allattato artificialmente sono normali nelle mamme, soprattutto quelle alle prese con il primo figlio e quindi ancora estranee al mondo dell’allattamento e inconsapevoli, una volta fuori dall’ospedale su ogni quanto allattare i primi giorni.

L‘allattamento rimanda a diverse questioni: quantità di latte a sufficienza, latte materno e latte artificiale, turni della poppata e orari da seguire. Bisogna tenere a mente che ogni bambino è diverso perciò scandire una generale tabella poppate neonato potrebbe non risultare completamente esaustiva ai fini di stabilire ogni quanto bisogna allattare un neonato. La soluzione più semplice e naturale è quindi quella di seguire i ritmi dettati dallo stesso neonato, che di norma di autoregola nell’alimentazione, facendo capire alla madre quando e quanto mangiare. La norma consuetudinaria prevede che in regola un bambino, nel ciclo giornaliero di 24 ore, mangi dalle 8 alle 12 volte, sempre considerando una scansione dei pasti e dell’allattamento “a richiesta”: senza quindi aver bisogno di una scansione oraria bene precisa, per tranquillizzare i tuoi dubbi sull’allattamento, se tuo figlio rientra nell’intervallo di poppate indicato vorrà dire che segue un ciclo di alimentazione corretta. In ogni caso per venire incontro alle tue paure e ai tuoi dubbi di mamma sul tema dell’allattamento, puoi consultare il sito italiano de La Leche League, un’associazione di livello internazionale che da molti anni segue e aiuta le mamme che vogliono allattare con consulenze dirette, telefoniche e online.

Ogni quanto allattare un neonato al seno

Capire e stabilire ogni quanto bisogna allattare un neonato non segue quindi una scienza esatta ma si affida, nella maggior parte dei casi al tuo istinto di mamma. Resta però comprensibile la preoccupazione su ogni quanto allattare al seno: basta davvero allattare a richiesta? Mio figlio si autoregola nella maniera corretta? Posto che, secondo una ricerca della AAP – Accademia Americana dei medici Pediatri – riportata da la Le Leche League, il ritmo delle poppate è di 2-3 ore e che è sempre il bambino – salvo eccezioni relative a particolari condizioni di salute del piccolo – a stabilirne l’orario preciso e la quantità di latte assunta, nel caso dell’allattamento naturale al seno in cui la mamma produce poco latte, devi reputare normale se il neonato richieda latte con più frequenza rispetto al normale: questo fattore poi è positivo dal momento che la stimolazione più frequente del seno può aumentare la produzione di latte della mamma.

Come capire i segnali della fame

Dal momento che quindi alla domanda “ogni quanto devo allattare” risponde direttamente il tuo bambino, sta poi a te riconoscere quelli che sono i segnali della fame del neonato. Indicativamente al pianto equivale fame: per cui ti basta sentire il tuo bambino lamentarsi e singhiozzare dalla culla oppure svegliarsi di colpo dal riposino per sapere che è arrivata l’ora della poppata. Ma non sempre per capire i segnali della fame basta accorgersi di questo richiamo sonoro, che – è da sapere – rappresenta solo un segnale tardivo di fame e non immediato come si è portati a pensare. In alcuni casi gli esperti invitano a stare attente ai segnali di rooting, ovvero un riflesso di ricerca per cui il neonato inizia a succhiarsi le dita o a mordersi le manine.

Quanto allattare per ogni seno

Ovunque andrai a fugare i tuoi dubbi sull’allattamento cercando di capire ogni quanto bisogna allattare un neonato, alla ricerca di colorate tabelle poppate neonato e di regole su ogni quanto si possa allattare, non troverai nessuna risposta certa, se non la naturale: asseconda i bisogni del neonato. Non occorre cronometrare i minuti della poppata, ne pesare costantemente il neonato prima e dopo o calcolare quanto latte è stato tirato da un seno o dall’altro. In ogni caso è sempre ottimo seguire la (non) tecnica dell’allattamento a richiesta: il neonato saprà dirti quando mangiare e ogni quanto deve essere allattato, e sarà sempre lui a stabilire quando sarà sazio, staccandosi dal tuo seno.

Ci sono casi in cui, se la mamma produce molto latte, il bambino può accontentarsi di succhiare semplicemente solo da un seno, senza necessariamente passare all’altro. Tuttavia, di  norma non sempre un seno solo riesce a garantire il completo apporto di latte, per cui avrà bisogno di passare all’altro. Come capire quanto allattare per ogni seno e quindi quando cambiare lato della poppata? Osserva il comportamento del bambino: nei casi più diretti sarà lui stesso a staccarsi pur continuando a dar segnali di fame, oppure inizierà a succhiare in uno stato di dormiveglia. Questi sono i momenti in cui provare a cambiare seno: se ha ancora fame infatti, il bambino riprenderà a pieno ritmo la poppata.

Ogni quanto allattare con latte artificiale

Sebbene l’allattamento naturale sia sempre considerata la maniera preferibile per nutrire un neonato, non sempre questo è possibile, per carenza di latte o altre eventualità legate alla salute del piccolo o della madre. In questi casi si ricorre abitualmente al latte artificiale. Questo è un latte specifico per far mangiare un neonato per adattato rispetto al normale latte vaccino e che si presenta come una soluzione in polvere da diluire in acqua, raggiungendo la stessa consistenza e le stesse proprietà nutritive.

Se sei una mamma che ricorre a questo tipo di latte, stabilire ogni quanto deve mangiare un neonato allattato artificialmente è diverso e più “matematico” rispetto all’istintivo e più libero allattamento al seno a richiesta. Questo perché il latte artificiale è più difficile da digerire e quindi occorre stabilire con maggiore precisione orari e quantità. Per essere certa di provvedere a una corretta alimentazione per il tuo neonato, è opportuno rivolgersi direttamente al pediatra di fiducia che ti aiuti a stabilire ogni quanto allattare con latte artificiale e sapere le giuste quantità di somministrazione sulla base della crescita del bambino. Anche in questo caso non esistono dunque regole standard di allattamento, anche se, in media per i primi cinque mesi, i numeri delle poppate variano da 5 a 6 giornaliere.

Ogni quanto allattare a 1 mese

Posto che, come si è più volte detto, non esistono dei canoni da seguire per la poppata, tanto se si segue un allattamento con latte naturale quanto un allattamento con latte artificiale, cerchiamo adesso di proporre una linea puramente indicativa su ogni quanto si può allattare sulla base dei primi mesi di crescita del neonato. Per quanto riguarda un neonato al primo mese di vita, la frequenza è:

  • con latte naturale: un pasto al massimo ogni tre ore, per una massimo di 8-12 pasti al giorno;
  • con latte artificiale: sei poppate giornaliere con intervalli di tre ore e mezza.

Ogni quanto allattare a 2 mesi

Proseguendo con il nostro tentativi di fugare i tuoi dubbi da mamma su ogni quanto bisogna allattare un neonato, cerchiamo di indicarti una mappa indicativa sul numero di poppate neonato 2 mesi. Pur ricordandoti che la formula dell’allattamento a richiesta è sempre quella da preferire o in ogni caso, specialmente con il latte artificiale, è meglio rivolgersi direttamente al pediatra per valutare con cura il caso specifico di tuo figlio.  In linea di massima le dosi indicate sono:

  • con latte naturale: indicativamente non ci sono importati variazioni rispetto al primo mese;
  • con latte artificiale: cinque poppate giornaliere, con un rispettivo aumento della quantità di latte per pasto.

Ogni quanto allattare a 3 mesi

  • con latte naturale: fino a cinque poppate al giorno con un’apporto di latte pari a 140/180 ml.;
  • con latte artificiale: cinque poppate giornaliere aumentando però la dose di latte.

Ogni quanto allattare a 4 mesi

  • con latte naturale: dato l’avvicinamento dello svezzamento le poppate giornaliere si riducono anche a quattro-cinque;
  • con latte artificiale: tra le cinque e le quattro poppate giornaliere.

Ogni quanto allattare a 5 mesi

  • con latte naturale: in concomitanza con lo svezzamento si consiglia di non andare oltre le quattro poppate;
  • con latte artificiale: quattro poppate giornaliere.

Quando e come smettere di allattare

Se fino ad adesso abbiamo parlato dell’allattamento in termini di ogni quanto deve essere allattato un neonato, ogni quanto si può allattare e orari allattamenti al seno, veniamo ora ad affrontare quando e come smettere di allattare. In molti casi, la preoccupazione di una mamma è su come smettere di allattare senza traumi per il bambino, riuscendo a rendere il distacco dal seno il più naturale possibile. Ci teniamo a sottolineare che i termini dell’allattamento e quando smettere sono una prerogativa soggettiva della mamma e non ci sono – come sempre – ipse dixit da tenere in conto.

In qualunque momento si decida di interrompere l’allattamento, si possono utilizzare diverse tecniche che facilitano la diminuzione della produzione di latte senza uno di medicinali. Prima di tutto occorre ricordare che, differentemente da quanto si pensa, il tiralatte non aiuta a diminuire il latte. Anzi, è il contrario. Come si diceva anche prima infatti, stimolare il seno sortisce un effetto che aiuta ad incrementare il latte prodotto. Continuare dunque a sollecitare il seno tirando il latte, mimando l’atto di suzione, produrrà dunque l’effetto contrario  quello desiderato. Altri metodi per aiutare a rallentare e poi fermare la produzione di latte sono gli impacchi di giaccio o cavolo da inserire nel reggiseno che aumentano la possibilità di essiccazione del latte. Se però questi rimedi naturali non sembrano avere ricadute sulla produzione del latte e anzi continui a provare dolore al seno, allora è meglio rivolgerti al medico per alleviare i disturbo con l’utilizzo di paracetamolo.

 

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Come sterilizzare il biberon e i ciucci

giugno 18, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come sterilizzare biberon e i ciucci

Inutile ripeterlo di nuovo. L’igiene per una mamma rimane il fattore fondamentale per la crescita il corretto sviluppo del bambino. Per questo è frequente sentire di mamme super attente alla pulizia di tutto quanto ruoti intorno alla routine quotidiana del bambino. E gli oggetti che entrano maggiormente in contatto con tuo figlio nei primi mesi di vita sono biberon e ciucci. Da sempre alleati per sedare crisi di fame o sonno, questi due strumenti se non curati, possono essere anche diventare veicoli di germi e batteri. Dal sollievo al danno è un attimo. Per questo motivo oggi cercheremo di mostrarti come sterilizzare biberon e ciucci di tuo figlio. La regola aurea vorrebbe che sterilizzare biberon e ciucci fosse un’azione quotidiana successiva a ogni loro utilizzo. In realtà non è tassativo anche se sarebbe opportuna una sterilizzazione periodica.

Sterilizzare il ciuccio, tutti i passaggi

Si diceva in apertura dell’importanza dell’igiene degli oggetti che vengono in contatto con il tuo bambino. La prima immagine che dunque viene in mente è quella del ciuccio. Fedele compagno del piccolo e grande alleato per te, è anche vero che il succhiotto -o ciuccio – è l’oggetto che maggiormente è a rischio cadute o sporcizia. Proprio per questo è indispensabile essere attenti che venga sempre sterilizzato prima di essere messo in bocca! Prima di suggerirti i vari metodi per sterilizzare il ciuccio una cosa fondamentale. Ricorda sempre di controllare il materiale di cui è fatto il succhiotto di tuo figlio per evitare di danneggiarlo durante la sterilizzazione.

Il primo consiglio su come sterilizzare il ciuccio è quello di metterlo dentro un pentolino di acqua bollente. Porta ad ebollizione l’acqua e lascia immerso il ciuccio (ma anche il biberon se vuoi) per almeno cinque minuti. Qualora invece tu fossi una mamma più “tecnologica” puoi servirti della sterilizzazione a freddo. Questo metodo prevede l’utilizzo di un contenitore specifico con una soluzione chimica in grado di distruggere germi e batteri. In questo caso ti consigliamo di sciacquare bene il ciuccio dopo la sterilizzazione per lavare via le tracce chimiche della soluzione. Se ti chiedi come sterilizzare biberon e ciucci nel microonde abbiamo la risposta che per te. Sebbene sia sconsigliato utilizzare il microonde per il biberon, puoi invece sterilizzare il succhiotto in pochi minuti.

Come sterilizzare il biberon senza sterilizzatore

Dopo aver visto come sterilizzare il ciuccio di tuo figlio passiamo ai biberon. Sebbene ormai siano frequenti in commercio dispositivi appositi, oggi vedremo di illustrarti come sterilizzare biberon senza sterilizzatore. Si tratta di metodi alternativi al vapore della macchina apposita che tuttavia garantiscono la stessa efficacia in termini di igiene. Come si diceva non è importante che la sterilizzazione avvenga tassativamente dopo ogni utilizzo. Tuttavia è bene che venga eseguita periodicamente, magari ogni due o tre giorni, specialmente dopo un periodo di malattia del bambino. Vediamo insieme come sterilizzare il biberon senza sterilizzatore!

Sterilizzare il biberon con acqua calda

  1. Versa in una pentola capiente dell’acqua e inserisci all’interno la bottiglia del biberon e la tettarella;
  2. Porta ad ebollizione l’acqua;
  3. Nel momento in cui si è raggiunto il punto di ebollizione, tieni il biberon ancora immerso per 15 minuti;
  4. Per estrarre bottiglia e tettarella utilizza delle pinze sterilizzate da cucina: evita di usare le mani, non sono disinfettate!
  5. Asciuga tutto con n asciugamano pulito.

Sterilizzare il biberon con una soluzione specifica

  1. Diluisci in acqua una soluzione sterilizzatrice: si tratta di un insieme di sostanze chimiche sicure per uccidere gli agenti patogeni. Puoi acquistarle in farmacia o in negozi per bambini;
  2. Immergi nella soluzione la bottiglia del biberon e la tettarella, sommergendoli completamente. Molti kit sterilizzatori sono dotati di un dispositivo che aiuta a mantenere gli oggetti sotto il livello dell’acqua;
  3. Lascia agire la soluzione specifica per circa 30 minuti. Puoi eventualmente tenere il biberon nel liquido anche se non intendi utilizzarlo: l’importante è che ogni volta prepari una soluzione nuova per ogni biberon.

Ciucci, quali scegliere

Si diceva di come il ciuccio può essere un valido alleato per le mamme. Esso infatti, andando a soddisfare il naturale istinto di suzione del neonato, può calmarlo in poco tempo. Ma è anche un ottimo sostituto del più immediato dito in bocca dei bambini.  Per riuscire ad accontentare tutti i gusti in fatto di ciuccio, in commercio ne sono presenti numerose varianti. A seconda di quel forma o materiale tuo figlio preferisca puoi muoverti tra ciucci in silicone o caucciù, con la tettarella a goccia, a ciliegia o anatomica. L’importante è che tu segua comunque il naturale sviluppo della bocca scegliendo un ciuccio indicato sulla base della sua età.

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Come togliere la crosta lattea nei neonati [VIDEO]

giugno 7, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Cos’è la crosta lattea

La crosta lattea è un fenomeno frequente in tutti i neonati. Si tratta di una particolare forma di dermatite seborroica che interessa appunto il lattante. Il nome comune di crosta lattea deriva dal fatto che essa si manifesta con croste squamose e unte di colore giallognolo. Tendenzialmente la zona più colpita è la testa del neonato, ma in alcuni casi la crosta lattea scende sino al livello delle sopracciglia estendendosi anche sul naso e dietro le orecchie. La crosta lattea sul viso dei neonati compare già nelle prime settimane di vita dei piccoli ed è solita scomparire naturalmente intorno ai quattro o cinque mesi di vita.

Sebbene sia solita essere una dermatite tipica dei neonati, non è strano che la crosta lattea si presenti anche nei grandi. Ma da cosa deriva e come eliminare la crosta lattea negli adulti? Il più delle volte la dermatite seborroica negli adulti è sintomo di stress e stanchezza e può essere all’origine di forfora e prurito. In questo caso è opportuno intervenire con uno shampoo delicato che contenga sostanze seboregolatrici.

Come togliere la crosta lattea nei neonati

La crosta lattea nei neonati sebbene non sia bella da vedere, in realtà non causa nessun male al bambino. Fatta eccezione di un po’ di prurito il piccolo potrebbe non accorgersi delle croste. Sebbene poi queste ultime scompaiano da sole al massimo entro il primo anno di vita, è bene sapere in caso di crosta lattea neonati, come toglierla senza causare danni. Dal momento che la dermatite seborroica appare con croste squamose, il primo istinto sarebbe quello di tirarle via. In realtà non c’è niente di più sbagliato! Grattare via con le mani la crosta lattea potrebbe causare infezioni e danneggiare la pelle del bambino. Per questo motivo bisogna muoversi massaggiando delicatamente la cute del neonato una volta che i capelli sono bagnati o resi oleosi. Per la crosta lattea i prodotti migliori da usare sono i baby shampoo delicati – ottimo lo shampoo olio della Babygella – e gli olii naturali come quello di mandorle. Se si decide di utilizzare un olio, è bene poi che ti curi di risciacquare bene la cute del bambino onde evitare che i pori rimangano ostruiti.

Come togliere crosta lattea con pettinino

Per eliminare la crosta lattea nei bambini puoi aiutarti con un apposito pettinino per bambini. Servendoti delicatamente dei denti della spazzola infatti ti sarà più facile rimuovere le croste che si staccheranno dopo la stesura di olio e baby shampoo. È opportuno che tu scelga con attenzione il pettine da usare. Accertati che i denti siano stretti e piccoli: in questo senso è ottimo usare anche il classico pettine per pidocchi. Ovviamente non utilizzare il pettinino sui capelli asciutti. Potresti infatti graffiare il bambino! L’uso del pettine per torglier ela crosta lattea deve essere fatto sempre dopo aver bagnato i capelli del piccolo con shampoo delicato o baby oil.

Crosta lattea come prevenirla, quali sono le cause

Si diceva che la crosta lattea, o dermatite seborroica, è un fenomeno del tutto naturale nei neonati. È bene sottolineare che non si tratta di una malattia contagiosa. Le croste squamose infatti sono il risultato dell’accelerazione del processo di rinnovamento delle cellule della cute provocata da un’eccessiva attività delle ghiandole produttrici di sebo. Sebbene dal punto di vista medico non è chiara la ragione di questa iperattività delle ghiandole sebacee,  è da escludere che la crosta lattea sia provocata da scarsa igiene o reazioni allergiche. Inoltre si è anche evidenziato come non ci sia nessuna correlazione tra la comparsa della crosta lattea e l’alimentazione tramite latte materno. In passato infatti si riteneva che il latte del seno contenesse troppi grassi provocando la produzione di sebo in eccesso. Molti medici oggi invece concordano sul fatto che la dermatite seborroica nei neonati sia da attribuire agli ormoni che il neonato riceve dalla madre durante la gravidanza.

Crosta lattea nei neonati, quali sono i rimedi

La crosta lattea nei neonati è quindi un fenomeno naturale. Nella maggioranza dei casi compare dopo poche settimane di vita ed è destinata a riassorbirsi già a partire dal quinto o sesto mese di vita. Anche se non è escluso che in alcuni bambini le croste squamose rimangano anche fino al primo anno di età. Riconoscendo però il fastidio del prurito e il carattere anti estetico delle croste, vogliamo suggerirti qualche rimedio per eliminare la crosta lattea nei neonati. È importante sottolineare di nuovo che non devi tirare via con le mani la pellicina squamosa. Così facendo rischi di fare male al bambino e portare infezioni all’epidermide. In caso di crosta lattea ti suggeriamo quindi di agire tramite:

  • massaggio delicato sulla cute bagnata;
  • shampoo specifico per la crosta lattea;
  • olii naturali: mandorla, oliva e cocco, ma anche baby oil in commercio nelle farmacie;
  • impacchi di burro di karitè;
  • vaselina da tenere in posa la notte e risciacquare al mattino.

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Come far fare un lungo viaggio ai bambini

giugno 7, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come far fare un lungo viaggio ai bambini piccoli

Viaggio lungo con bambini: come evitare tragedie durante il percorso? Anche se l’estate è passata e magari le prossime vacanze sono ancora lontane, qualsiasi mamma sa che tenere a bada i propri figli durante un viaggio, fosse anche semplicemente per un breve tratto di autostrada, può essere a volte molto difficile. A questo scopo nasce la nostra piccola guida su come fare un lungo viaggio ai bambini piccoli. Che si tratti di viaggiare in auto, di notte con bimbi, o una lunga traversata in treno o aereo siamo pronte a darti delle piccole indicazioni su come rendere il viaggio meno stressante per te e più divertente per il tuo bambino.

Come viaggiare con bimbi piccoli senza la costante paura di perderne qualcuno per strada? Ammettilo: la tua più grande paura è proprio quella di perderli di vista, lasciarli soli o di arrivare al gate e di accorgerti che ne manca qualcuno. Onde evitare remake non voluti di Mamma ho perso l’aereo! ti diamo un piccolo consiglio: se sai di dover provvedere a più bambini, dividi la responsabilità con qualcuno. Un viaggio lungo con bambini chiama un numero di adulti pronto a far fronte alla loro vivacità! Altra piccola ancora di salvataggio, specialmente in un viaggio lungo in auto con bimbo di pochi mesi, è quello di essere pronta a crisi di pianto avendo a portata di mano un giocattolo “salva vita” nella borsa che possa essere un valido sostituto di quelli già portati con te e messi da parte per noia: ancora meglio se si tratta di un gioco nuovo, qualcosa che i bambini non si aspettano, una gradita sorpresa che possa tenerli impegnati per un po’. In caso di viaggio in auto con bambini piccoli un altro modo di smorzare la lunghezza del viaggio è quello di programmare diverse soste in cui scendere dalla macchina e potersi guardare un po’ intorno: i bambini adoreranno la sensazione di prendere parte a un percorso a tappe sempre diverse e nuove!

Bambini e viaggio lungo, cosa portare

Viaggiare con i propri figli è sicuramente una delle più belle esperienze per una famiglia, ma è anche vero che a volte viaggiare con i bambini piccoli può risultare estenuante. Per evitare che il viaggio si trasformi in un incubo abbiamo cercato di accostare bambini e viaggio lungo arrivando a stilare una lista di cosa portare per rendere il viaggiare più facile per tutti.

Bambini e viaggio lungo: cosa portare? Prima di tutto partiamo dall’essenziale occorrente burocratico. Mettendoti in viaggio devi essere pronto ad esibire all’occorrenza tutti i documenti legali per i bambini: se è vero che nell’Unione Europea il passaporto non è sempre obbligatorio, qualora la tua meta sia più lontana, per richiederlo è necessario che ti muova con largo anticipo rispetto alla data di partenza: almeno due mesi prima. In ogni caso accertati, soprattutto in caso di minori under 15, di avere preparata la carta d’identità per minori di quindici anni.
Se come mezzo per viaggiare con tuo figlio scegli l’aereo, una buona idea potrebbe essere quella di portare a bordo il seggiolino per auto: questo è un ottimo modo per far sentirei a suo agio il bambino e tenerlo a freno in caso di eccessiva vivacità!

Altra cosa da ricordare su come viaggiare con bambini piccoli e non è quella di avere quanto occorre per l’igiene: salviette umidificate, sacchetti per pannolini sporchi e detergenti igienizzanti sono essenziali.Trucco in più è quello di avere a portata di mano anche uno smacchiatore a secco per sventare ogni macchia da cibo o da pennarelli colorati.

Come far dormire i bambini in auto

Viaggiare in auto con bambini piccoli, anche con l’aiuto di giochi, soste interattive e giochi di gruppo, ad un certo punto porta qualsiasi mamma a chiedersi: come faccio dormire mio figlio in auto? Non è infatti sempre scontato che i movimenti della macchina possano essere la soluzione a come far dormire in bambini in auto. Certo un buon compromesso sarebbe quello di partire di sera, magari appena dopo cena, di modo tale che i bambini siano più indotti ad addormentarsi come da abitudine poco dopo la partenza. È anche vero che pero’ il rischio di addormentarsi in auto con partenze in orari notturni potrebbe colpire anche te o chiunque si trovi alla guida. Per evitare quindi di accompagnare nella nanna i tuoi bambini durante un lungo viaggio in auto, puoi conciliare il loro sonno anche nelle ore del giorno creando per loro, nei sedili posteriori una pratica e comoda “zona per il riposino“: sistema bene seggiolini e sedili in modo da garantire la loro comodità, procurati piccoli cuscini morbidi e, ricordandoti sempre la cintura di sicurezza, puoi rendere questa imposizione più comoda servendoti di pratici cuscini per cintura: agganciati all’altezza delle spalle del bambino, questi cuscini diventano dei comodi poggiatesta pratici e salva sonno!

Come intrattenere i bambini in un lungo viaggio

Come viaggiare con bambini evitando che la loro noia trasformi il viaggio in un’epopea? Un viaggio lungo con bambini può infatti non risultare molto divertente, soprattutto per i più piccoli: ecco quindi qualche accorgimento su come intrattenere i bambini in un lungo viaggio per fare in modo che si divertano senza troppo sforzi.
Prima di tutto fai in modo che i bambini si sentano partecipi di qualcosa: organizza delle attività, da loro dei compiti da portare a termine come fare attenzione ai segnali stradali, cambiare stazione radio o indicare le varie stazioni di servizio incontrate nel tragitto in auto.
La lunghezza del viaggio – unita all’assenza di internet ad esempio in aereo – può essere un ottimo motivo per invitare i bambini alla lettura: scegliendo in base ai loro gusti, vedrai che una sana storia stampata riuscirà a catturare la loro attenzione meglio di qualsiasi videogioco. In alternativa ai libri, altro modo per esercitare la loro immaginazione è quello di portare in viaggio con i bambini simpatici album da colorare o di adesivi con i quali possano inventare le proprie storie.
Calmanti speciali sono poi i DVD e i giochi elettronici che sapranno tenere a bada anche i bambini più vivaci: onde evitare però di diventare anche tu parte del video, ricorda di portare con te un paio di auricolari cosi che i suoni non disturbino la tua guida o gli altri passeggeri in caso di viaggi in treno o areo.
Il vero segreto su come intrattenere i bambini in un lungo viaggio è però solo uno: il cibo. Che sia una ricompensa o semplicemente uno spuntino, nulla meglio di uno snack appetitoso può catturare l’attenzione dei bambini e renderli docili per un po’. È ovvio che i i più golosi opteranno per cioccolata e patatine, ma tu puoi scegliere anche qualcosa di più sano come noci, caramelle in gelatina e frutta.

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Viaggiare con i bambini: dove andare

 

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Come aiutare i bambini che hanno paura di diventare grandi

maggio 23, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come aiutare i bambini che hanno paura di diventare grandi

Da mamma vorresti che tuo figlio non crescesse mai, per poterlo avere sempre con te, al sicuro. Prima o poi però è inevitabile che anche il più piccolo di casa si allontani e entri nel mondo degli adulti, mentre tu resti a guardarlo da lontano. Si tratta sempre di un traguardo per una mamma il vedere il proprio figlio diventare autonomo e indipendente, ma alcune volte la resistenza a crescere viene proprio da lui. Alcuni bambini infatti, già dall’infanzia, manifestano timori e insicurezze verso il mondo adulto, pensando che sia qualcosa che dovranno affrontare da soli e disarmati. Preferiscono quindi, come si suol dire, restare attaccati alla tua gonnella, piuttosto che buttarsi a giocare all’avventura. Ma come aiutare i bambini che hanno paura di diventare grandi?

Qui non si sta parlano solo degli adolescenti apparentemente immaturi e irresponsabili, che hanno ancora bisogno di una mamma “tappa-buchi”. L’ansia di crescere scatta infatti fin da piccoli. È una manifestazione della paura di diventare grandi anche il non voler andare in gita scolastica alle elementari perché vorrebbe dire staccarsi dalle tue cure e attenzioni. Oppure a non voler uscire a giocare da solo se non ci sei tu a guardarlo. Insomma, gesti non eclatanti e abbastanza comuni, che però possono frenare la crescita psicologica e morale di un bambino.

Paura di crescere, come affrontarla

Abbiamo detto in diverse occasioni che l’ansia, purtroppo, non è una prerogativa degli adulti. Anche i bambini possono soffrirne e venirne limitati, sin dalla tenera età. L’ansia infantile colpisce molti aspetti della vita di un bambino e può indurlo a fuggire tutto quello che viene sentito come estraneo perché appunto associato a qualcosa di dannoso. Questo implica però sviluppare una vera e propria paura di crescere, perché è solo fronteggiando situazioni nuove che tuo figlio riuscirà a maturare.  La paura di crescere nei bambini è quindi un grande limite per il loro sviluppo. Pensa ad esempio alla barriera che la timidezza o il timore di ciò che non si conosce può provocare nella sua capacità di creare rapporti e legami interpersonali.

La novità spaventa a tutte le età, ma il punto chiave e di riuscire almeno a provare di superare lo scoglio dell’ignoto. Crescere vuol dire sperimentare, che a sua volta si richiama a un percorso di formazione attraverso i vari frammenti della vita di tutti i giorni. Ma da genitore come affrontare la paura di crescere di un bambino? Sicuramente non standogli addosso in maniera rapace: non puoi pretendere che tuo figlio si divincoli nel mondo esterno se tu stessa ne governi i movimenti. Spronalo anzi a “osare”, nel giusto ovviamente, e invitalo sempre a non darsi per vinto di fronte alla sconfitta. Inoltre cerca di non mostrarti mai critica verso le sue scelte: se continuerai a pretendere che lui si comporti come tu ti aspetteresti, rischierai di mandarlo in crisi inducendolo a retrocedere piuttosto che ad avanzare nel mondo dei grandi.

Come superare la paura di diventare grandi

Molto spesso la paura di diventare grandi è associata al fatto che il bambino ha paura di perdere la tua attenzione. La sua opinione è che, crescendo, tu inizierai a non seguirlo più da vicino, lasciandolo solo e senza guida. Per questo motivo cerca di evitare di giustificare il fatto, per esempio, che non lo imbocchi più dicendo “stai diventando grande”. Questo infatti potrebbe aumentare ancora di più la sua insicurezza e portarlo a rifiutarsi di crescere. Cosa che sappiamo è impossibile che non avvenga. Piuttosto che ricordargli che sta crescendo, prova a farlo sentire responsabile. Cerca di trasmettergli l’idea che, piano piano, diventando grande potrà avere più controllo di quello che accade intorno a lui. In poche parole? Fallo sentire importante e autorevole. In questo modo il bambino inizierà a capire che crescita implica anche autonomia e indipendenza.

Inoltre non smettere mai di metterlo di fronte a piccole sfide: giocare con altri bambini, rimettere a posto da solo o mangiare senza essere imboccato e costantemente seguito. Fagli capire che è necessario che lui impari a “camminare” da solo senza però dare alle tue lezioni un carattere costrittivo. Piuttosto giocaci su: sfidalo a chi finisce prima il piatto “tutto da solo”, invitalo a scoprire di più sui suoi compagni di gioco. In questo modo lui non si sentirà lasciato solo nell’affrontare le novità e allo stesso tempo imparerà a diventare grande, a piccoli passi sempre più sicuri.

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Come insegnare a usare il cucchiaino

maggio 23, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come insegnare a usare il cucchiaino

Abbiamo affrontato diverse volte il – delicato – tema sull’alimentazione dei bambini in età infantile. Superata la sicurezza dell‘allattamento, entrare nel mondo dei cibi solidi e a pezzetti può essere difficile se il bambino non si dimostra collaborativo. Arrivare al grande traguardo di far sedere il piccolo a tavola con i grandi però ripaga ogni sforzo iniziale. Sottolineando l’importanza del corretto apprendimento delle dinamiche della tavola, cercheremo quindi di aiutarti a capire come insegnare a usare cucchiaino e posate a tuo figlio. In questo modo riuscirai a passare dalla fase dei bocconi “imboccati” a quella di un sereno pasto tutti insieme.

Prima di portare un bambino che mangia con le mani a diventare un esempio vivente di corretta etichetta, una piccola precisazione. Nell’introdurre le posate a tuo figlio e abituarlo a cibo a pezzetti, ricorda di rispettarne i tempi di apprendimento e sviluppo. Non puoi imporre un cucchiaino se non è in gradi di tenerlo saldamente in mano! Ricorda poi di non servirti delle posate “da grandi”: all’inizio è sempre meglio servirsi di cucchiaini come posate fatte ad hoc per bambini, magari fatti in plastica e con guarnizioni protettive.

Quando i bambini iniziano a mangiare da soli

Si diceva di come sia importante insegnare a usare il cucchiaino per mangiare in tavola. Questo per abituare progressivamente il bambino all’alimentazione il più simile possibile a quella degli adulti. Mangiare autonomamente è, se vogliamo, il passo finale di un corretto svezzamento, almeno per quanto riguarda le capacità di sviluppo e apprendimento del bambino. Ma a che età i bambini “mangiano come noi”? Ovvero, quando iniziano a mangiare da soli senza essere imboccati? In linea generale è raccomandato dagli psicologi e dai pediatri che tuo figlio arrivi alla scuola materna già in grado di mangiare in maniera autonoma e di stare a tavola correttamente. Questo implica che entro i tre anni i bambini devono mangiare da soli. Psicologia a parte, vediamo quali sono le tappe intermedie.

Generalmente, passati i sei mesi, il bambino è ormai in grado di stare seduto da solo. Questo è il segnale dell’avvio dello svezzamento e dell’abituarlo a mangiare cibo a pezzetti. Fino ai dodici mesi però è ovvio che si tratti di un periodo di adattamento: il bambino inizierà progressivamente a tenere le posate in mano e a provare le prime pappette, prima di passare completamente ai cibi solidi. Il tuo insegnare a usare cucchiaino e posate dovrebbe arrivare a completamento nel giro del primo anno: vedrai che il bambino sarà sempre più autonomo nell’imboccarsi al punto tale da poter provare anche a passargli la forchetta ogni tanto. Alla soglia dei due anni poi l’autonomia a tavola dovrebbe essere quasi perfetta: mettendo in conto qualche incidente di percorso, il bambino saprà anche gestire il rapporto con il bicchiere pieno d’acqua.

Cosa fare se mio figlio non vuole essere imboccato

Nell’affrontare il tema di come abituare un neonato al cucchiaino bisogna essere pronti a qualche sconfitta. Ovviamente non tutti i bambini sono pronti a mangiare tutto né a rinunciare alla comodità del piatto servito. Se non vuoi ritrovarti con un bambino da imboccare a 4 anni, è bene che fin da subito si riesca ad educare i più piccoli a un giusto comportamento a tavola. Tuttavia non è da escludere la situazione opposta. Può capitare infatti che tuo figlio si dimostri più combattivo del previsto verso la nuova modalità in cui gli viene servito il cibo. Non solo si rifiuta di mangiare ma rifiuta categoricamente di essere imboccato.

Cosa fare se tuo figlio non vuole essere imboccato? Prima di tutto lascia da parte le ansie e armati di pazienza. È più che normale che all’inizio il bambino faccia un po’ di resistenza, ma tu non devi cedere. Prova magari a fare in modo che la tua mano accompagni la sua nel portare il cibo alla bocca. Magari il bambino si sentirà più tranquillo nel sapere che c’è anche lui a guidare il gioco del pasto. Inoltre fai in modo che non ci siano troppe distrazioni a distoglierlo dalla pietanza che ha davanti. A tal proposito, se tuo figlio si lascia prendere da tutto fuorché dallo svuotare il piatto, evita di accendere la televisione. Semmai rendi la TV un premio di cui godere a fine pasto.

Come insegnare a mangiare a pezzetti 

Come abbiamo più volte ribadito nel corso dell’articolo, arrivare a mangiare utilizzando il cucchiaino è un grande traguardo dello svezzamento. Il bambino infatti abbandona progressivamente il latte materno e passa a mangiare il cibo “dei grandi”. Introdurre il cibo a pezzetti nella dieta di un bambino implica gradualmente il suo ingresso a tavola insieme a tutti gli altri. In generale l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di aspettare fino al sesto mese prima di iniziare a abituare tuo figlio a mangiare cibi solidi. Giunti a questo punto infatti il piccolo dovrebbe aver perso il riflesso di estrusione che lo portava a rigettare qualsiasi cosa avesse in bocca. Una volta che avrai notato che il bambino riesce a stare seduto e con la testa dritta per un discreto periodo di tempo, allora vorrà dire che è pronto per iniziare a mangiare da solo! Armati di bavaglini coprenti, scodelle colorate e cucchiaino in plastica e preparati anche a qualche piccolo incidente di percorso. Ma cosa più importante, aggiungi finalmente un posto a tavola!

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Come abbandonare un bambino che non vuoi tenere

maggio 23, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come abbandonare un bambino che non vuoi tenere

Quello della maternità e dell’essere un genitore è un impegno serio e che richiede una grande forza nell’affrontare le piccole sfide quotidiane a cui un bambino ti sottopone. Proprio per questo motivo non tutti si sentono chiamati a raccogliere la sfida di diventare genitori. Il non voler avere figli non deve essere visto come una macchia nera, una vergogna, qualcosa di innaturale: molto spesso dietro questa decisione, anche sofferta, ci sono delle reali prese di posizioni che mettono al primo posto il benessere di un ipotetico bambino che si potrebbe avere. Sottolineando quindi questo delicato aspetto, ci teniamo a fornirti tutte le informazioni necessarie su come abbandonare un figlio che non vuoi tenere. Il tutto rispettando non solo la legalità italiana ma anche e soprattutto la sicurezza del piccolo.

Sono rimaste impresse nella memoria di molte di noi le cosiddette Ruote degli Esposti, un sistema tradizionale che permetteva di lasciare i neonati all’interno di conventi o monasteri usufruendo di una culla che ruotava e trasportava il piccolo all’interno della struttura dove veniva accolto. Il tutto garantendo l’anonimato della madre. Abolite nel secolo scorso, le ruote sono però state sostituite da altri mezzi, completamente legali che entrano in gioco quando una mamma abbandona i figli. Loro diretta discendente è la Culla per la Vita, una struttura concepita per accogliere i neonati che non si vogliono tenere e dotata di una serie di dispositivi – riscaldamento, chiusura in sicurezza della botola, presidio di controllo h 24 e rete con il servizio di soccorso medico-  che permettono la salvaguardia del bambino.

Parto anonimo, come funziona

Come si diceva agli occhi di molti il non voler avere figli o il decidere di abbandonarne uno è visto molto spesso come una macchia sulla reputazione. Proprio per evitare che senso di colpa e volontà di non sentirsi additata negativamente possano spingere una mamma ad adottare delle soluzioni estreme nell’abbandonare un bambino, in Italia si è cercato di garantirne l’anonimato. Seguendo quanto accade in altri paesi europei, da noi è possibile in ospedale optare per una procedura di parto anonimo che viene vincolata dalla legge Art. 30 comma 2 D.P.R 396/00, che garantisce assistenza alla partoriente e la tutela del bambino fino alla definitiva adozione da parte di una nuova famiglia.

Qualora una partoriente decida di rimanere nell’anonimato, il suo nome verrà taciuto nella certificazione di nascita che viene invece eseguita dal medico o dall’ostetrica, come pure di un altra persona che abbia assistito al parto. Stabilità poi la volontà della madre di non tenere il bambino, ne riceverà subito segnalazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni che proclamerà l’adottabilità del piccolo. Il procedimento di adottabilità segue le norme dell’art.11, comma 2, della legge 184/1983 e succ. mod.  che si preoccupa anche di trovare una coppia adottante idonea a prende il bambino.

Ma in caso di abbandono neonato in ospedale, quali sono i diritti del padre? In linea di massima, nel momento in cui una madre opta per un parto anonimo, viene compromessa la facoltà del padre di riconoscere il bambino come suo figlio biologico. Non è possibile nemmeno appellarsi alla formula del riconoscimento in ventre dal momento che si scontra con la volontà di partorire in anonimato.

Abbandonare un figlio, cosa succede se ci sono ripensamenti

Abbiamo sottolineato più volte che abbandonare un figlio che non vuoi sia una decisione sofferta. Molte madri infatti non si sentono pronte e sono spaventate dalla prospettiva di prendersi cura di un altro essere umano per tutta la vita. Se poi la situazione famigliare e personale è complicata, il tutto spinge al parto anonimo. Questo per permettere comunque al piccolo di avere una vita migliore di quella che avrebbe davanti se rimanesse con i genitori naturali. Nonostante possa sembrare al momento la soluzione migliore, non è escluso che molte madri arrivino a pentirsi della decisione presa e abbiano un ripensamento sul parto in anonimato. Ma cosa succede in questi casi?

Si diceva che il parto anonimo asseconda le volontà di una madre che non vuole essere nominata sul certificato di nascita. Ma è ovvio che sono ammessi ripensamenti. La legge infatti stabilisce che se la partoriente cambia idea prima che l’ospedale abbia dato a denuncia di nascita, allora la sa precedente richiesta di anonimato sarà restituita in busta chiusa. Se invece il ripensamento avviene dopo la denuncia, allora la madre dovrà rivolgersi al Tribunale dei minori e al Comune di residenza per ottenere il riconoscimento.

Come adottare un bambino in Italia

Fino ad adesso si è parlato di come abbandonare un figlio che non vuoi. Prima di concludere però ci sembra doveroso gettare uno sguardo anche dall’altra parte e concentrarci su come adottare un bambino. In Italia i requisiti di base per essere proclamati idonei all’adozione sono vincolati all’art. 6 della legge 184/83 e valgono sia su territorio nazionale che straniero. Vediamo i principali:

  1. L’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni;
  2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare;
  3. L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando.

Per muoversi lungo il delicato ma speciale percorso dell’adozione , il primo passo è quello di rilasciare a dichiarazione di disponibilità all’adozione presso il Tribunale dei minorenni di residenza. Sarà quest’ultimo poi a dare avvio alle indagini dei servizi territoriali che dovranno accertarsi e valutare le competenze genitoriali della coppia adottante. La relazione dei vari Enti chiamati in causa verrà consegnata poi al Tribunale e un giudice dovrà infine esporsi sul caso e rilasciare la propria sentenza. Leggi il nostro articolo per scoprire tutti i passaggi delle adozioni nazionali e internazionali!

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Come fare se il bambino vomita l’antibiotico

gennaio 25, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come fare se il bambino vomita l’antibiotico

Ogni volta che un bambino si ammala dobbiamo affrontare una doppia sfida. La prima è capire in che modo aiutarlo a gestire i sintomi evitando pianti e lamenti. La seconda invece consiste nel riuscire a somministrare le dovute medicine senza doverlo rincorrere o imboccare a forza. Dobbiamo ammettere che da un lato la loro reticenza è comprensibile: ci sono alcuni farmaci dal sapore davvero cattivo. Però sappiamo che per quanto amara si tratta di un rimedio indispensabile per la loro guarigione. Dunque come fare se, per esempio il bambino vomita l’antibiotico?

Si tratta di uno dei fenomeni più frequenti, soprattutto per i bambini più piccoli. Proprio per questo molti pediatri sono soliti consigliare ad esempio una somministrazione per via rettale. Propendere per un antibiotico in supposte può infatti essere utile per evitare il rigurgito della medicina e quindi l’obbligo di una nuova somministrazione. Tuttavia una volta cresciuto c’è poco da fare: l’antibiotico andrà preso per via orale. In caso di vomito o rigurgito quindi ti toccherà, nel giro al massimo di mezz’ora dalla prima – tentata – assunzione di somministrare di nuovo il quantitativo di dose prescritto. Se invece il bambino rigetta dopo mezz’ora dalla somministrazione, allora puoi stare tranquilla perché non ci sarà bisogno di ripeterla.

Come somministrare farmaci ai bambini

Basta un poco di zucchero e la pillola va’ giù. Bello quando la cantava Mary Poppins, ma sebbene sia un consiglio molto utile, metterlo in pratica non è così semplice. È ormai risaputo che addolcire un po’ il sapore del medicinale, specialmente per gli amari sciroppi o gli antibiotici, aiuta il bambino ad assumerlo con meno capricci. Proprio per questo alcune medicine sono aromatizzate in modo da camuffarne il reale sapore. Questo le rende più gradevoli e evita il probabile effetto vomito dopo l’assunzione dell’antibiotico o di altro farmaco. In ogni caso però ti ricordiamo di evitare assolutamente un dosaggio fai da te. Molto spesso infatti i genitori scelgono anche medicine da adulto semplicemente riducendone le dosi per il bambino. Ti ricordiamo infatti che ogni farmaco, specialmente l’antibiotico, necessita di una ricetta medica, prescritta soprattutto in base alla salute e alle condizioni di tuo figlio.

Molto l’attesa prima della medicina è più frustrante per il bambino rispetto alla sua reale somministrazione. Per antonomasia infatti qualsiasi farmaco “è cattivo” e per questo viene visto come una piccola tortura. Come somministrare farmaci ai bambini? Con pazienza e un briciolo di astuzia. Prima di tutto cerca sempre di spiegare al bambino l’importanza di antibiotico e sciroppo per la sua guarigione, un piccolo male necessario per stare meglio. Inoltre prima guarirà prima la medicina sarà gettata nel dimenticatoio. Se lo sciroppo è troppo amaro puoi pensare di darglielo accompagnato da un cucchiaio di gelato o di frutta frullata ad esempio, oppure se si tratta di un antibiotico in gocce unire al medicinale dello zucchero. Proprio come la tata più famosa al mondo insegna!

Come dare lo sciroppo ai bambini

Dopo aver visto qualche segreto su come mascherare l’antibiotico ai bambini, capiamo anche come dar loro lo sciroppo. Abbiamo già detto come la somministrazione orale di un medicinale sia, nemmeno a farlo apposta, quella più difficile da mandare giù. Una delle tecniche più utilizzate è servirsi di uno sciroppo aromatizzato, magari alla fragola o alla ciliegia. Si tratta infatti di due aromatizzazioni che rendendo dolce il farmaco ne facilitano la somministrazione camuffandone il sapore amaro.

Per quanto riguarda il dosaggio della somministrazione, molti pediatri consigliano, specie per i bimbi piccoli, di servirsi di una siringa. In questo modo tu puoi essere più sicura che la quantità di sciroppo sia quella prescritta e inoltre la somministrazione sarà più rapida e relativamente indolore. Sfruttando la siringa puoi da un lato lasciare che il bambino succhi da sé il contenuto, oppure spruzzare tu il farmaci nella sua bocca stando attenta a farlo in direzione della guancia onde evitare rigurgiti.

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Come pulire gli occhi ai bambini

gennaio 25, 2019 By Federica Pogliani Lascia un commento

Come pulire gli occhi ai bambini

Una corretta igiene del bambino è la base di una crescita salutare. Come abbiamo più volte ribadito, conoscere le sue parti delicate aiuta a tutelarlo al meglio. Tra i dilemmi di ogni mamma c’è come pulire gli occhi ai bambini senza provocare irritazioni. L’occhio è infatti la zona a più alto rischio di infezioni e irritazioni. Molto spesso la causa è l’esposizione a una corrente d’aria, ma la causa è da ritrovare anche in agenti esterni che irritano o arrossano la pupilla. Di base per una corretta pulizia occhi neonato è necessaria una garzina pulita imbevuta in acqua fisiologica. Una volta che sarà più grande potrai anche usare le tradizionali salviette umidi specifiche per la pulizia delle palpebre e delle ciglia.

Il primo passo per capire come pulire gli occhi ai bambini è imparare a non irritare l’occhio. La garza va infatti passata delicatamente sulla palpebra del bambino, muovendosi dall’angolo interno all’angolo esterno dell’occhio per rimuovere i residui della secrezione lacrimale.

Prodotti per pulire gli occhi ai bambini, quali usare

Si diceva che la soluzione su come pulire gli occhi ai bambini è quella di usare una garza con soluzione fisiologica. L’importante è essere attenti a muoversi delicatamente all’esterno dell’occhio e eliminare la secrezione lacrimale. Di norma la pulizia degli occhi nei bambini va ripetuta non più di una volta al giorno. Ci possono essere però delle eccezioni. Se noti la presenza di secrezioni gialle sugli occhi o delle macchie gialle sull’iride, allora è meglio contattare subito un pediatra. Potrebbe essere il caso di un segnale di un’infiammazione in corso o di una congiuntivite. Vediamo però i singoli casi.

Cosa fare con occhi arrossati o appiccicosi

Nei casi più frequenti sono quelli in cui gli occhi sono arrossati o appiccicosi. Come pulire gli occhi dei bambini per alleviare il rossore? Se gli occhi sono arrossati andrà bene agire con alcune gocce di soluzione fisiologica. Stai attenta a farle cadere sull’angolo interno dell’occhio e non direttamente sulla parte infiammata. Al posto dell’acqua fisiologica, ottima per la pulizia occhi neonato è la camomilla, purché lasciata raffreddare e tamponata con una garza. Stai attenta anche a cambiare garzina per ogni occhio. Altrimenti rischi di passare l’infezione. Un altro fenomeno è quello degli occhi appiccicosi o incrostati. La causa potrebbe essere la chiusura del dotto lacrimale. Per sbloccarlo è necessario un delicato massaggio rotatorio sul naso e sull’angolo interno dell’occhio. In seguito puoi procedere con la normale pulizia occhi del bambino.

Secrezioni gialle occhi neonato, cosa sono

Dopo averti mostrato come pulire gli occhi ai bambini, scendiamo nel dettaglio. Tra le principali infezioni e infiammazioni che possono presentarsi agli occhi dei bambini c’è il caso di stenosi del dotto lacrimale. Si tratta di una chiusura – totale o parziale – del condotto naso lacrimale. A causa di questa stenosi le lacrime del bambino sono bloccate nel sacco lacrimale. Qui ristagnando possono provocare infezioni che si manifestano con secrezioni gialle purulente. La classica secrezione gialla occhi bambini frutto di stenosi è comune in molti neonati già dal secondo mese di vita. Nella maggior parte dei casi la stenosi del dotto lacrimale è facilmente risolvibile. La chiave è stimolare l’apertura spontanea del dotto con massaggi mirati sugli occhi dei bambini. Più volte al giorno passa con il dito sull’occhio compiendo un movimento circolare verso l’alto tra l’angolo dell’occhio e la radice del naso. In casi estremi, in cui il bambino ha superato l’anno di vita e la secrezione gialla continua a infettare l’occhio, è necessario intervenire chirurgicamente.

Cause congiuntivite bambini, quali sono

Parlando di come pulire gli occhi dei bambini non possiamo non affrontare un problema comune a molti di loro. Si tratta della congiuntivite, una delle infiammazioni oculari più diffuse anche tra i più grandi. La congiuntivite colpisce la congiuntiva, la membrana che riveste la palpebra, e la cornea, la parte bianca dell’occhio, creando l’effetto “occhi rossi”.  Molto spesso questa irritazione accompagna anche altre malattie come il raffreddore o una delle malattie esantematiche – varicella, scarlattina, morbillo. I medici distinguono principalmente tre cause congiuntivite bambini, sulla base della natura dell’infiammazione.

  1. Congiuntivite virale. Si tratta di un’infiammazione causata a sintomi da raffreddore o mal di gola.
  2. Congiuntivite allergica. In questo caso sono colpiti entrambi gli occhi a causa di una reazione allergica a agenti esterni, come la polvere.
  3. Congiuntivite batterica. L’infiammazione è scatenata da un’infezione da stafilococco o streptococco.

Congiuntivite bambini, quanto dura e come si cura

Abbiamo esaminato quindi quali possono essere le cause scatenanti del classico effetto occhi rossi nei bambini. Vediamo ora nel dettaglio come pulire occhi con congiuntivite

  • Congiuntivite neonatale. Ci sono casi in cui la congiuntivite si manifesta da subito nel neonato. Si verifica quando viene contratta un’infiammazione nel passaggio nel canale del parto. Si interviene lavando 3-4 volte al giorno l’occhio con acqua fisiologica.
  • Congiuntivite batterica. Per bloccare il batterio che causa l’infiammazione il medico somministrerà una pomata antibiotica. I miglioramenti sono visibili già dopo tre giorni di terapia.
  • Congiuntivite allergica. Dal momento che in questo caso si tratta di un’allergia particolare del piccolo, è meglio rivolgersi al pediatra. Sarà lui a prescrivere un collirio antistaminico o un medicinale a base di cortisone.
  • Congiuntivite virale. In questo caso è meglio aspettare che il virus faccia il suo naturale decorso. È consigliato comunque stare attenti a non aggravare la situazione non toccando gli occhi con mani o fazzoletti sporchi.

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